Sono ancora pochi i passi avanti nelle indagini sull’omicidio di Catia Dell’Omarino, la 40enne uccisa nella notte fra l’11 e il 12 luglio a Sansepolcro. Come confermato dal Corriere di Arezzo, le attenzioni degli inquirenti riguardano soprattutto un profilo genetico maschile, quello del cosiddetto “ignoto 1”, che si cerca innanzitutto di rintracciare nei pressi del ponte di San Francesco, sulla strada di Montagna. In questo senso gli sforzi degli inquirenti che stanno cercando di fare piena luce sul delitto si starebbero concentrando su alcuni fazzolettini ritrovati nella zona in cui si sarebbe consumato l’omicidio. La sensazione è che una volta isolato il dna dell’assassino, questo possa essere comparato con quello di alcuni dei contatti di Catia: a quel punto la cosiddetta “prova regina” costituirebbe un elemento difficilmente contestabile dal presunto killer della povera Dell’Omarino.
Il nome dell’assassino di Catia Dell’Omarino, la 40enne uccisa a Sansepolcro nella notte fra l’11 e il 12 luglio, potrebbe essere celato fra le pagine dell’agenda della vittima. Ne sono convinti gli inquirenti che stanno cercando di risalire all’identikit del killer, che per farlo stanno interrogando decine di contatti, per il momento circa 70, e che nei prossimi giorni intensificheranno le audizioni sentendo le versioni di oltre 100 persone. A riportarlo è l’edizione online de “La Nazione”, secondo cui in attesa di ottenere un profilo genetico preciso dall’esame del Dna disposto sul cadavere della donna, le indagini si stanno concentrando sulle molteplici conoscenze di Catia, annotate in particolare sull’agenda cartacea che la donna era solita utilizzare con frequenza. Una conferma ulteriore della convinzione emersa fin da subito dopo il delitto: Catia Dell’Omarino conosceva il suo assassino. Agli inquirenti il compito di trovarlo.
Il delitto di Catia Dell’Omarino, la donna di 41 anni uccisa nella notte tra l’11 ed il 12 luglio scorso a Sansepolcro, racchiude in sé numerosi enigmi sui quali si sta concentrando in queste ore il lavoro degli inquirenti. In attesa dell’esito del Dna e che potrebbe portare dritto all’individuazione dell’assassino della donna, gli inquirenti avrebbero concentrato la loro attenzione su una serie di aspetti sui quali mancherebbero ancora le adeguate risposte. Come riporta La Nazione online, nell’auto di Catia sarebbe stata ritrovata la sua borsa contenuta nel baule della vettura, mentre le chiavi sarebbero state ritrovate accanto al suo cadavere. Il fatto che la borsa fosse rimasta in auto farebbe pensare che l’incontro con il suo assassino non sarebbe dovuto essere di lunga durata e questo consoliderebbe la tesi del delitto d’impeto, avvenuto forse al culmine di una lite. I familiari di Catia Dell’Omarino, tuttavia, in merito alla borsa avrebbero dichiarato che la donna era solita lasciarla in macchina quando si allontanava per un lasso di tempo breve. Un altro elemento al vaglio degli inquirenti sarebbe rappresentato dal cellulare, mai rinvenuto e che l’assassino di Catia avrebbe potuto occultare dopo il suo delitto. Pare che il fratello della vittima, Paolo, intorno alle 5 del mattino preoccupato dal mancato rientro a casa della sorella abbia chiamato la donna, ma già a quell’ora il suo telefonino risultava spento. Il suo killer, ammesso che abbia compiuto un omicidio d’impeto, si sarebbe comunque premurato a far sparire il dispositivo, nel quale potrebbe esserci la chiave del delitto. In merito a questo dettaglio, l’ora del delitto di Catia Dell’Omarino sarebbe stata collocata tra la mezzanotte e mezza e le tre e mezza, come sostenuto anche dall’avvocato Boncompagni, legale di fiducia della famiglia della vittima. Un terzo elemento che al momento non avrebbe contribuito a fornire dati indispensabili alle indagini è rappresentato infine dalle telecamere di videosorveglianza. Queste avrebbero potuto immortalare gli ultimi movimenti di Catia Dell’Omarino prima di far perdere le sue tracce per poi essere ritrovata il giorno successivo ormai senza vita. Come è emerso, però, proprio le telecamere, compresa quella di Porta Romana, installate da ormai 8 anni non sarebbero mai state funzionanti rappresentando in questo contesto un vero e proprio handicap.