Guai ad illudersi, ma forse la ricerca di una cura per l’Alzheimer è sulla buona strada. Le ultime novità arrivano dall’Inghilterra, e precisamente da Manchester, dove il team diretto dal dottor David Brough sostiene che il farmaco che potrebbe potenzialmente sconfiggere l’alzheimer è già sul mercato. Si tratta dell’acido mefenamico, un farmaco non-steroideo anti-infiammatorio (FANS), utilizzando solitamente per placare il dolore provocato dalle mestruazioni. L’esperimento condotto dagli studiosi dell’Università di Manchester, successivamente pubblicato sul Nature Communications Journal, ha riguardato 20 topi transgenici che avevano sviluppato i classici sintomi che caratterizzano l’alzheimer: dalla perdita di memoria al disorientamento, fino all’impossibilità di badare a se stessi. Dieci di questi topi sono stati trattati con l’acido mefenamico, mentre agli altri 10 è stato contemporaneamente somministrato un placebo. Il risultato è stato che in un mese di trattamento i sintomi degenerativi sui topi trattati con l’acido sono stati invertiti. Il dottor Brough, però, come sottolineato da improntaunika.it, ci tiene a non fare facili proclami e ad evitare di illudere le famiglie degli oltre 46 milioni di pazienti affetti da una forma di demenza:”Ora ci sono prove sperimentali che suggeriscono che l’infiammazione nel cervello peggiora il morbo di Alzheimer e favorisce la sua progressione. La nostra ricerca dimostra per la prima volta che l’acido Mefenamico, un semplice farmaco non steroideo anti-infiammatorio, può avere come bersaglio un importante percorso infiammatorio chiamato inflammasome NLRP3, che danneggia le cellule cerebrali. Fino ad ora, nessun farmaco è riuscito ad indirizzare questo percorso, quindi siamo molto eccitati dai nostri risultati”. Per il momento dunque, a detta del direttore del settore Ricerca e Sviluppo presso l’Alzheimer Society, Doug Brown, assumere l’acido mefenamico potrebbe rappresentare un rischio:”Questi promettenti risultati di laboratorio identificano una classe di farmaci già esistenti che hanno il potenziale di trattare il morbo di Alzheimer bloccando una particolare parte della risposta immunitaria. Questi farmaci, tuttavia, non sono esenti dal procurare effetti collaterali e a mio avviso non dovrebbero essere assunti per la malattia di Alzheimer, non in questa fase. Sono prima necessari studi sulle persone”. Non resta che incrociare le dita e sperare che facciano in fretta.