Oggi, domenica 7 agosto 2016, Papa Francesco ha tenuto il suo Angelus dal balcone che affaccia su Piazza San Pietro. Il discorso del Pontefice ha riguardato principalmente il commento al Vangelo di Luca, soprattutto per quanto riguarda l’episodio in cui Gesù Cristo concorda con i discepoli quale sia l’atteggiamento corretto da tenere in vista dell’ultimo incontro con Lui. Gesù, incalza Francesco, ha anche spinto i suoi discepoli a vendere tutto per prepararsi a questo incontro, perché i beni materiali non servono a nulla nel Regno del Padre. Anche il loro utilizzo in terra, inoltre, dev’essere morigerato e lungimirante, non gestito dalla logica dell’accumulo e del voler possedere ricchezza a tutti i costi, ma dalla logica di Dio e dell’Amore, che spinge a condividere con il fratello meno fortunato di noi ciò che invece possediamo in abbondanza. L’elemosina, infatti, è un qualcosa che va percepito non come un dovere da fare a denti stretti, ma come una gioia che serve non solo a chi la riceve, ma anche a chi la fa, per entrare in comunione con il Signore.
Dopo questo commento, il pontefice ha ricordato come l’insegnamento di Gesù verta su tre parabole riguardanti il tema della vigilanza. Essere vigili e svegli, infatti, è secondo Francesco il primo esempio di fede e di amore verso il Signore, perché significa che non si prende la vita in modo passivo accettando qualsiasi cosa succeda, ma si è sempre costantemente attenti ai propri bisogni ed ai bisogni del fratello che soffre, e questo significa che stiamo onorando la vita in Cristo. Il Signore, continua ancora il Papa, viene ogni giorno a bussare alla porta di svariati cuori, e colui che avrà il cuore aperto sarà beato. Attraverso questo racconto Cristo, e Francesco con lui, hanno appunto acceso la luce sul tema della vigilanza e della prontezza di spirito con cui si accoglie il Signore.
La seconda parabola riguarda la venuta imprevedibile del ladro. Coloro che vogliono rubare non solo i nostri beni, ma le nostre anime, condurci su vie di perdizione e di sconforto, cercano di sorprenderci nei momenti di bassa vigilanza, introducendosi nelle nostre case e nelle nostre vite per coglierci alla sprovvista e fare razzia. Proprio qui sta, sottolinea ancora il Santo Padre, l’importanza di essere sempre vigili e presenti a sé stessi, per attendere il Signore e seguirlo nel Suo Regno.
La terza ed ultima parabola ha riguardato, invece, l’amministratore di una casa dopo che il padrone è partito: a chi ce la sentiamo di affidare la nostra casa ed i nostri beni in caso di prolungata assenza? Se un amministratore si comporta in modo irrispettoso nei confronti di colui che deve servire, esso lede ed offende il Signore, perché sta esercitando un abuso di potere su un bene non suo. Allo stesso modo, chi abusa della propria vita, la spreca o addirittura la interrompe, sta offendendo il legittimo padrone di essa, ovvero Dio, e sta travalicando i confini di ciò che un buon amministratore potrebbe fare. Questo gruppo di tre parabole strettamente correlate tra loro, secondo Francesco, ci ricorda che l’attesa del Signore non significa oziosa inattività sperando che la vita ultraterrena ci riservi tutte le facilitazioni che in Terra magari abbiamo faticato ad ottenere, bensì deve trattarsi di un’attesa vigile e attenta. Sperare nel regno dei cieli, infatti, non significa non fare di tutto per rendere migliore la nostra vita in questo mondo, operando in aiuto del fratello in difficoltà o di quello che soffre, ma soprattutto attingendo dalla speranza e dalla misericordia di Dio per accendere dei fari che illuminino il nostro cammino.
Alla fine dell’Angelus, papa Francesco si è soffermato a riflettere un momento sulla difficile situazione geopolitica che sta sconvolgendo la Siria in questi giorni. Le notizie delle continue vittime, soprattutto innocenti come donne e bambini, arrivano ogni giorno in un flusso senza fine, e spaccano le coscienze del mondo occidentale, troppo spesso silente o indifferente dinanzi ad un prezzo del conflitto che Bergoglio ha definito “inaccettabile”. Il Papa ha espresso vicinanza e solidarietà nella preghiera a queste genti devastate, ed ha chiesto l’aiuto e il conforto della Vergine Maria per ammansire i cuori dei potenti e instillare loro il germe dell’Amore, così forte che sovrasti quello dell’odio.
In ultima istanza, il pontefice ci ha tenuto a salutare tutti i pellegrini giunti a Roma per ascoltarlo, e raccoltisi in Piazza San Pietro nonostante il caldo agostano. In particolare, il saluto è andato alla pastorale giovanile di Verona, ai giovani di Padova, Sandrigo e Brembilla e al gruppo dei ragazzi di Fasta, venuti dall’Argentina. Inoltre, ha salutato gli adolescenti di Campogalliano e San Matteo della Decima, per poi augurare buon pranzo a tutti alla fine dell’omelia.