Muhammad Khan Shahzad, il processo per l'omicidio del pakistano di 28 anni al centro della prima puntata di Un giorno in Pretura: ecco le versioni contrastanti.
A distanza di due anni dall’omicidio di Muhammad Khan Shahzad, avvenuto a Torpignattara il 18 settembre 2014 ad opera dell’allora 17enne Daniel, che lo pestò senza remore su istigazione del padre Massimiliano Balducci, l’uccisione del 28enne pakistano resta ancora senza spiegazione. Come riportato da Il Messaggero, dopo aver appreso della scomparsa del proprio caro da un piccolo villaggio del Pakistan, neanche i genitori e la moglie di Muhammad Khan Shahzad seppero farsene una ragione. L’avvocato Mario Angelelli, legale della famiglia, all’epoca dei fatti commentò:”Sono stravolti dal dolore. Khan era un giovane mite, non aveva ancora mai visto il figlio, nato quattro mesi fa. Non capiscono perché è stato ammazzato così, senza motivo, per strada”. Una domanda alla quale, ancora oggi, è impossibile dare risposta.
Nel corso della prima puntata di Un giorno in Pretura, i riflettori si accenderanno sul processo per l’omicidio del pakistano 28enne Muhammad Khan Shahzad, avvenuto due anni fa. La sentenza di condanna a carico del padre del 17enne Daniel, Massimiliano Balducci, fu decisa dai giudici della III Corte d’Assise che confermarono la pena di 21 anni di reclusione per il reato di concorso in omicidio. Al figlio poco più che adolescente, stando a quanto scriveva lo scorso dicembre Corriere.it, l’uomo urlava: “Gonfialo, ammazzalo”. E fu proprio questa la fine tragica che fece Muhammad Khan Shahzad. Nei giorni precedenti alla sentenza a carico del padre, il Tribunale dei Minori decise di affidare il giovane Daniel in prova ad una comunità di recupero per la durata di due anni al termine dei quali la pena a suo carico pari a 8 anni di reclusione si potrebbe estinguere definitivamente. La posizione del padre, sin dall’inizio è apparsa decisamente più grave in quanto mentì spudoratamente pur di salvare il figlio minorenne. “Quello straniero ha sputato a mio figlio, gli ha dato uno spintone e allora gli ho detto “gonfialo” per dire difenditi, mica dicevo ammazzalo nel senso di ucciderlo. È stata una disgrazia. Avrà battuto la testa”: furono queste le sue parole usate per giustificare ciò che è stato definito dal gip all’indomani dell’arresto di Daniel, un delitto contraddistinto da “una violenza indescrivibile”.
L’omicidio di Muhammad Khan Shahzad, giovane pakistano ucciso a Torpignattara il 18 settembre 2014 sarà affrontato nella prima puntata della nuova stagione di Un giorno in Pretura, la trasmissione di Rai3 che torna in seconda serata con il processo celebrato in Corte d’Assise di Roma a carico dei presunti colpevoli. Sono trascorsi due anni esatti dal delitto avvenuto nella periferia sud est di Roma a scapito del 28enne giunto in Italia nel 2007 e che lascia moglie e un figlio, all’epoca dei fatti di appena 4 mesi. Sulla sua morte, sin da subito ci furono due verità discordanti: quella del 17enne Daniel, poi arrestato insieme al padre Massimiliano Balducci, accusato di aver istigato il figlio e quella di coloro che furono gli spettatori “involontari” del terribile delitto che si consumò su un marciapiede di Torpignattara, senza che nessuno dei presenti ritenesse la vittima degna di essere soccorsa. Secondo la prima ricostruzione riportata da Repubblica.it, tutto avvenne in pochi minuti, sotto lo sguardo attonito del vicinato, in una afosa sera di fine estate. Muhammad Khan Shahzad passava in via Pavoni, canticchiando una sorta di nenia nella sua lingua di origine. In mano portava un oggetto simile ad un rosario. Il pakistano con ogni probabilità stava recitando le Sure del Corano, indossando abiti religiosi. In nessun modo, secondo i testimoni, arrecava disturbo, se non per il tono della voce. Tutto si consumò in pochi istanti: passando sotto la casa del padre di Daniel, Massimiliano Balducci gli urlò qualcosa. Successivamente dalla finestra della medesima abitazione qualcuno gli scagliò una bottiglia. Questo fece arrestare Muhammad Khan Shahzad nell’esatto momento in cui giunse al suo cospetto il 17enne Daniel insieme ad un amico in bicicletta. Daniel iniziò ad inveire sul pakistano con calci e pugni, sebbene l’amico, in base a quanto emerso dai verbali, non partecipò al pestaggio. A nulla servirono le richieste del vicinato di mettere fine alla rissa, né intervennero i presenti in strada, poco distanti dal luogo del pestaggio. Ad ucciderlo, secondo quanto riportato dall’autopsia, fu un “Reiterato traumatismo contusivo del capo con frattura temporale destra ed emorragia sub aracnoidea diffusa”. Fu solo a quel punto che in strada giunse anche il padre del 17enne, in difesa del figlio e contro gli sguardi del vicinato. Per l’omicidio di Muhammad Khan Shahzad, l’allora 17enne fu condannato a 8 anni di carcere. Nel dicembre dello scorso anno è giunta anche la sentenza di condanna a carico del padre: secondo la Corte d’Assise dovrà scontare 21 anni di reclusione per concorso in omicidio.