La casa automobilistica Fca è finita nel mirino del Dipartimento di Giustizia americano, che avrebbe cominciato ad indagare sulle pratiche delle vendite lo scorso anno. Stando a quanto riportato dall’agenzia Bloomberg, l’autorità Usa starebbe valutando se Fiat Chrysler abbia gonfiato o meno i dati sulle vendite. Anche la Sec, la Consob americana, ha aperto un’indagine sul nuovo possibile dieselgate. Intanto i sindacati italiani, fatta eccezione per Fiom, si sono stretti attorno a Sergio Marchionne, del resto la supposta frode avrebbe un impatto importante sull’azienda e di conseguenza sui lavoratori. Per Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, «non ci sono le condizioni per ritenere il comportamento di Fca lesivo da un punto di vista della fiducia» e quindi il gruppo Fca sarebbe «vittima della lotta tra poteri forti». Per Antonio Spera, segretario generale dell’Ugl Metalmeccanici, Fca avrebbe «agito in buona fede» e i suoi vertici «sapranno dimostrare di non aver violato le norme sulle emissioni dei veicoli». Si è unito al coro, come riportato da Il Fatto Quotidiano, anche Roberto Di Maulo, segretario generale di Fismic: «Il caso è diverso da quello tedesco perché nel caso di Fca non c’è un software che trucca le emissioni».
Il monito su Fca arriva ora anche dall’Europa: dopo le accuse di Epa di un nuovo caso dieselgate, questa volta sul gruppo italo-americano, ora arrivano le parole di timore anche dalla Commissione Europea sull’intero caso delle emissioni diesel. «Sono preoccupanti le accuse di Epa: ora Bruxelles è in contatto costante con le autorità americane che hanno informato l’esecutivo europeo di aver ricevuto “insufficienti informazioni” sul controllo delle emissioni» spiega il portavoce della commissione Ue Industria, Lucia Caudet. In particolare, «la Enviromental Protection Agency (Epa) statunitense, con la quale siamo in costante contatto, ci ha informati delle accuse secondo le quali per alcuni camion e suv diesel Fca venduti negli Usa la casa produttrice non ha fornito alle autorità americane la completa descrizione della strategia di controllo delle emissioni durante il processo di certificazione. Si tratta di una insufficiente disclosure sulla strategia», chiude l’allarme contro il Gruppo Fca che ora dovrà dare spiegazioni, come richiesto esplicitamente anche ai gruppi che operano in Europa e non solo a Fca Us.
Scende in campo Confindustria per “difendere” i vertici di Fca sul caso del Dieselgate riemerso dopo le ultime accuse di Epa dagli Stati Uniti: «L’accusa dell’Epa dagli USA a FCA sui dati relativi alle emissioni merita un approfondimento serio. Quando un’agenzia americana fa analisi così sofisticate in particolare su aziende europee nonostante la parte USA di FCA, qualche dubbio emerge; e comunque, da quello che emerge sono casi diversi, FCA non ha montato software che cambiavano in funzione dei test, il meccanismo era ed è sempre lo stesso e sono passati tre anni dal primo caso». Indagini sospette secondo il capo di Confindustria, Vincenzo Boccia, che così ha parlato a margine dell’intervista a L’aria che tira su La7 questa mattina. Il capo degli industriali italiani alza ancora la voce su possibili misteri legati al rapporto tra gli Usa e le aziende europee, nonostante il gruppo Fiat Chrysler abbia parte americana nel gruppo: «Si accorgono solo ora? Queste sanzioni se annunciate in questo modo provocano danni che rischiano di essere incalcolabili per l’azienda sarebbe il caso di comunicarle solo dopo il confronto definitivo tra le parti. Cosa succede se poi si scopre che c’è un errore di valutazione?».
Il caso dieselgate sembra di nuovo scoppiato e non solo negli Usa: dopo le accuse a Fca Us e pochi giorni dopo il patteggiamento di Volkswagen con l’autorità americana, anche Renault rischia grosso con le ultime notizie che arrivano dalla Francia che parlano di indagini contro il secondo gruppo più grande transalpino. Come riporta l’Ansa, tre giudici francesi indagheranno sui dispositivi utilizzati da Renault per controllare le emissioni dei suoi motori diesel che si sospetta siano truccati: è quanto riferisce la procura di Parigi. La notizia ha fatto crollare il titolo in borsa, che sta perdendo il 4,06% a 82,05 euro, esattamente come ieri il titolo del gruppo Fca – Fiat Chrysler ha perso e di tanto in Borsa per le indagini scattate in America. La querelle Fca-Epa si allarga anche ad altri gruppi motoristici europei, come in queste ore si può evincere dalle indagini francesi: dopo o scandalo Volkswagen, una commissione indipendente di esperti aveva constatato l’importante sforamento del limite massimo di emissioni inquinanti su alcuni veicoli diesel venduti in Francia da diversi costruttori, tra cui Renault.
Dopo il presunto nuovo caso Dieselgate per Fca Us, il Ministero dei Trasporti italiano è intervenuto per precisare eventuali problematiche legate alla auto Fiat Chrysler vendute qui in Italia: il risultato è una sorta di presa distanze dal caso clamoroso scoppiato ieri in America e che deve ancora vedere una sua risoluzione e verifica effettiva su presunte truffe del software anti-emissioni diesel. «Riguardo il software installato su due modelli USA con motore diesel, questi veicoli non sono omologati né venduti in Italia. Per quanto riguarda invece il motore 3.0 V6 CRD della Jeep Grand Cherokee omologata in Italia in versione Euro 6, ha una progettazione e calibrazione diversa da quelle US». Come però riporta OmniAuto, il comunicato del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti non ha ancora chiarito riguardo alle Grand Cherokee vendute negli anni precedenti in Italia, con lo stesso motore VM e omologazione Euro 5 che potrebbero invece essere coinvolte nel caso Epa. Le riposte di Fiat nei prossimi giorni anche sul suolo italiano saranno decisive per capire i termini e la dimensione dello scandalo.
La controversia che vedrà Fca in lotta contro l’agenzia ambientale americana Epa, dopo le accuse di ieri per un nuovo dieselgate su almeno 100mila veicoli “truffaldini” aveva fatto crollare il titolo ieri in pochissimo tempo dopo le notizie sulla denuncia di Epa: oggi invece l’apertura del titolo Fca in Borsa è del tutto positiva, con il guadagno immediato del +5,92%, dato interessante per capire come il mondo finanziario prova a rispondere alla dura reprimenda, ora da verificare, dell’autorità Usa. Gli analisi invitano infatti alla cautela e accusano il mercato finanziario per una reazione “che sembra esagerata” specie perché ci troviamo di fronte ad una controversia alle battute iniziali: «non ci sono i dati di un potenziale impatto finanziario. Una multa da 4 miliardi sarebbe nella parte alta della forchetta che puo’ essere valutata e ogni eventuale risoluzione dovrebbe costare meno a Fca», afferma John Murphy analista di Bank of America. «Una multa da 4 miliardi sarebbe nella parte alta della forchetta che puo’ essere valutata e ogni eventuale risoluzione dovrebbe costare meno a Fca», conclude ancora il banchiere sottolineando come il gruppo Fiat Chrysler dovrà riuscire a portare avanti una politica convincente per dimostrare l’estraneità alle accuse mosse contro dall’Epa.
“La nostra coscienza è pulita”: così Sergio Marchionne sul caso Fca dopo che ieri sera l’Epa Usa ha accusato l’azienda italo-americana di aver violato le emissioni su alcuni veicoli diesel con il metodo già visto del software truccato come con Volkswagen. Un nuovo dieselgate all’orizzonte? L’ad di Fca-Fiat smentisce nella maniera più assoluta, irritato sulla modalità con cui l’agenzia ambientale americana ha attaccato il gruppo italiano dopo un anno di collaborazioni proprio sui fatti legati al dieselgate di VW. «Fca sopravviverà anche se le dovesse essere comminata una multa di 4,6 miliardi di dollari, per quanto conosco questa società, posso dire che nessuno è così stupido da cercare di montare un software illegale. Non c’è nulla in comune fra il caso Volkswagen e quello Fca», sono le parole a caldo di Marchionne quando però già in tutto il mondo è rimbalzato la notizia del possibile dieselgate sul gruppo Fiat Chrysler e che ha fatto crollare ieri il titolo Fca su tutte le piazze europee e mondiali. Solo qualche giorno fa il gruppo italo-americano sembrava avviato verso una luna di miele con la nuova presidenza in via di insediamento il 20 gennaio: dopo aver annunciato investimenti e la creazione di migliaia di posti di lavoro negli States, Fca si era guadagnata il ringraziamento pubblico di Trump che ha recentemente sferzato tutte le cause automobilistiche intimandole a non delocalizzare la produzione in Paesi dalla manodopera più conveniente. Che la luna di miele con il presidente Trump sia già finita?
Ancora non è indagata ma solo “accusata” da Epa (l’agenzia ambientale Usa) di avere truffato sulle emissioni diesel in maniera alquanto simile a Volkswagen, che tra l’altro da qualche giorno ha patteggiato con l’Autorità Usa una multa da 4 miliardi per il suo scandalo. Secondo l’accusa di Epa, Fca avrebbe usato un software per consentire emissioni superiori ai limiti su 104mila veicoli, Jeep Grand Cherokee e Dodge Ram, ma come? «Ha schivato le regole ed è stata scoperta. Non comunicare l’esistenza di un software che influisce sulle emissioni di un’auto è una seria violazione delle legge. Tutte le case automobilistiche devono giocare secondo le stesse regole. L’Epa e le autorità della California si sono impegnate a rafforzare i test con il caso Volkswagen, e questo è il risultato della collaborazione». La risposta di Fca Us non si è lasciata attende ed è arrivata con una lunga nota pubblicata poche ore dopo le accuse di Epa; «I motori diesel di Fca Us – si legge nella nota – sono equipaggiati con hardware di controllo delle emissioni all’avanguardia, ivi incluso la tecnologia Selective catalytic reduction (Scr). Ogni costruttore automobilistico deve utilizzare varie strategie per controllare le emissioni al fine di realizzare un equilibrio tra le prescrizioni di Epa relative al controllo delle emissioni di ossidi di azoto (NOx) e le prescrizioni relative alla durata, prestazioni, sicurezza e contenimento dei consumi. Fca Us ritiene che i propri sistemi di controllo delle emissioni rispettino le normative applicabili».