Antonio Marci, che era stato accusato di essere un pedofilo, si è suicidato: l’allenatore si è ucciso in carcere, mettendosi una busta in testa. Il 63enne era stato arrestato con l’accusa di aver molestato e in molti casi abusato di alcuni ragazzini che allenava al campo di calcio, poi a casa sua, ad Alessandria, sono state trovate centinaia di videocassette nelle quali erano registrati i rapporti, oltre a migliaia di fotografie, diari, lettere e schede di ragazzini. Il gesto ha sorpreso l’avvocato Massimo Taggiasco, che aveva chiesto i domiciliari perché riteneva che il carcere fosse una misura inadeguata per tutelarne l’incolumità. Ora la Procura di Alessandria ha aperto un’inchiesta contro ignoti sulla morte di Antonio Marci per capire se l’allenatore fosse adeguatamente sorvegliato e dove abbia preso il sacchetto utilizzato per suicidarsi, mentre le due sorelle dell’allenatore, Isidora e Valeria, chiedono che «venga fatta chiarezza», parlando di «circostanze sospette» e chiedendosi il motivo per il quale non fosse stato «sottoposto ad adeguata sorveglianza».
Antonio Marci, accusato di pedofilia, si è suicidato in carcere: l’uomo, che temeva di essere vittima di episodi di intolleranza, aveva firmato una richiesta di trasferimento nel carcere di Vercelli. Le indagini a suo carico erano partite dalla testimonianza di una vittima che a 29 anni di distanza dagli abusi aveva riconosciuto l’uomo in un bar. Gli abusi sessuali, come riportato da Il Fatto Quotidiano citando l’inchiesta, avevano lo stesso schema: l’uomo faceva la doccia insieme alle sue vittime e poi le invitava a toccarsi le parti intime; le invitava al cinema, inviava loro messaggi sul cellulare e poi a casa sua consumava il rapporto sessuale completo. Questa storia è andata avanti per quasi 30 anni. Si è parlato di un passato problematico per Antonio Marci, che sarebbe stato vittima a sua volta di violenza. «Un episodio che evidentemente gli ha segnato la vita, che non giustifica quello che ha fatto ma lo spiega» ha dichiarato il legale.