Usa: “(Un)esco!”. Ci permetterete un incipit ironico per una notizia che invece è tutt’altro che ridicola: come avrete intuito, gli Stati Uniti hanno deciso di uscire dall’Unesco – l’organo delle Nazioni Unite dedicato alla cultura, l’educazione e la scienza – dal prossimo 31 dicembre 2018. Lo strappo definitivo, arrivato dopo un braccio di ferro durato per anni, arriva con la lettera da Washington indirizzata alla sede mondiale dell’Unesco a Parigi. A riferirlo per prime fonti americane all’Associated Press, secondo le quali a decisione è stata presa in seguito alle recenti risoluzioni dell’Unesco contro Israele e gli insediamenti e che Washington considera anti-israeliane. «La decisione Usa di ritirarsi dall’Unesco entrera’ in vigore il 31 dicembre 2018 – spiega il dipartimento di Stato Americano nella nota ufficiale citata dall’Ansa. «Gli Usa intendono diventare poi un osservatore permanente della missione per contribuire alle visioni, prospettive e competenze americane su alcune delle importanti questioni affrontate dall’organizzazione inclusa la tutela del patrimonio dell’umanità, la difesa della libertà di stampa e la promozione della collaborazione scientifica e dell’educazione». In sostanza è dal 2011 che la Casa Bianca e il Congresso Usa minacciano questa decisione importante dal punto di vista simbolico e politico più che effettivamente pratico: ovvero da quando la Palestina divenne membro dell’Unesco e gli Stati Uniti per protesta hanno smesso di finanziare l’organo, pur mantenendo un ufficio al quartier generale di Parigi. Gli americani, primi alleati dello stato d’Israele, lamentano da sempre il pregiudizio del Palazzo di Vetro contro gli israeliani, vista anche l’alta percentuale di paesi musulmani all’interno dell’Onu. Su questo Trump segue perfettamente Obama che già aveva raffreddato e non poco i rapporti con l’organo che su tutti aveva osato di più accettando la Palestina come ufficiale stato membro dell’organizzazione.
LE REAZIONI MONDIALI
«Mi rammarico profondamente per la decisione degli Stati Uniti di ritirarsi dall’Unesco, di cui ho ricevuto notifica ufficiale con una lettera del segretario di stato americano, Rex Tillerson», è la risposta in un comunicato della direttrice generale dell’Organizzazione con sede a Parigi, Irina Bokova. In questi giorni è in corso l’elezione del nuovo direttore generale e per la nomina sono in lizza il Qatar e la Francia: è evidente però che la notizia dell’uscita futura degli Usa ribalta e non poco le considerazioni sul primo organo Onu in cui gli Stati Uniti d’America decidono deliberatamente di uscirne, dopo il caso-Israele. La Russia, con il portavoce di Putin, afferma tutta la propria “tristezza per la notizia”, mentre anche l’Unione Europea non vede di buon occhio la scelta americana: «Mi rammarico – scrive su Twitter Pierre Moscovici (Commissario Ue per gli affari economici) – per decisione degli Stati Uniti. La cultura e l’educazione sono un nostro bene comune». L’Unesco già da anni soffre la crisi economica proprio senza più le sovvenzioni americane e ora, con i Paesi Arabi che vogliono prenderne il controllo – dal 1945, quando è nato, non sono mai stati alla guida come direttore esecutivo generale – il rischio di vedere incrinato l’opera di oltre 70 anni di storia all’interno di cultura, scienza ed educazione è assai presente. «Il ritiro Usa dall’Unesco a causa delle relazioni con Israele è una decisione “da apprezzare», ha spiegato invece l’ex ministro degli Esteri israeliano, Tizpi Livni. «E’ un messaggio al mondo – ha proseguito – che c’e’ un prezzo alla politicizzazione, alla storia unilaterale e distorta».