La vita sui social network: non è un allarme, è una realtà. Tutti vediamo i nostri figli connessi 24h, 7×7, tanto per usare un linguaggio “2.0”. Lo smartphone, il tabloid, il computer: ecco dove si consumano le vite dei giovani da quando la rivoluzione tecnologica imposta dalla new economy tecnologica ha deciso che la vita dovesse cambiare. Invece che partitelle a pallone nel cortile di casa o giri in bicicletta, i ragazzi di oggi si consumano in una solitudine fatta di amicizie virtuali, di falsi rapporti, di fake news, di rapporti senza consistenza reale. Lo sottolinea in una intervista pubblicata sul quotidiano Il Giorno lo psichiatra Federico Tonioni, specialista al Policlinico Gemelli di Roma dove coordina il gruppo di intervento contro la dipendenza da Internet. Già, perché di dipendenza come la droga si tratta. Lo spunto è dato dal caso successo in questi giorni di una persona che, trovato un ferito per incidente stradale, invece di soccorrerlo lo filma in diretta facebook raccontando istante per istante la sua agonia: “Il giovane in questione” spiega lo psichiatra “si è connesso al web perché preso dal panico e non essere schiacciato dalla responsabilità e dall’angoscia si è rifugiato nel social”.
Il meccanismo comunque, spiega, è la dipendenza dai sociali come dalla droga: “Ci si estromette dal presente per non partecipare, perché non voleva inconsciamente partecipare e affrontare la situazione”. Lo psicologo poi rilancia l’allarme che sentiamo in continuazione: il fenomeno delle persone che abdicano alla vita reale per chiudersi nei social è in aumento. “Dal 2009 a oggi abbiamo preso in carico 1200 nuclei familiari. Il rischio clinico si ha quando questi giovani si rifiutano di uscire con gli amici e al loro tempo libero per stare davanti a uno schermo”. Il problema dice Tonioni è che questi giovani non son capaci di stare davanti alla realtà e allora devono filtrarla, non riescono ad assorbire le emozioni dal vivo. Che cosa comporta tutto questo? “Una nuova assenza dei genitori: quando questi pazienti erano bambini i genitori usavano i cellulari e i pc come delle baby-sitter”. Ragazzi dissociati dunque per colpa di genitori incapaci di rivestire il loro ruolo educativo, aggiungiamo noi. Neanche questa è una novità: si fanno figli come se si comprassero oggetti, quando il bambino richiede attenzione, interesse, i genitori di oggi, immaturi, abdicano al loro ruolo. Il risultato? Un mondo di disperazione e solitudine.