Ma gli inglesi cosa ne vogliono sapere della cultura profonda, radicata e meravigliosa del cibo italiano? Potremmo riassumere così il commento “medio” davanti all’ultimo articolo del Guardian che contesta il nuovo parco tematico agroalimentare “Fico Eataly World” a Bologna: «Fico è un megamart in stile americano, un Wholefoods con steroidi, nel quale i visitatori sono diretti attraverso le aree come in un aeroporto e dove risalta la cultura dei consumatori di massa che sta alla base del progetto». L’attacco con diretto riferimento ai supermercati a catena che vendono prodotti di origine controllata e naturale, potrebbe risvegliare in noi quell’orgoglio semi-patriottico che solo la Nazionale di calcio (sigh) e il cibo sanno ormai definire nell’opinione pubblica italiana. “Gli inglesi ci contestano il cibo? E loro che ne vogliono sapere…”: sì, per una volta però proviamo ad andare oltre e vedere se magari la critica possa avere un qualche fondamento di verità, mettendo in “discussione” quello che finora ben pochi hanno saputo/voluto fare, il progetto entusiasmante e ambizioso di Oscar Farinetti. «Fico è un progetto in diretto contrasto con il fascino tradizionale della gastronomia italiana, fatto anche del piacere di vagare per i mercati dei contadini nelle piazze rinascimentali, o assaggiare le delizie dei piccoli produttori nelle remote città collinari», spiega Sophia Seymour columnist del Guardian ed estimatrice del nostro Paese. Insomma, un attacco a Eataly ma sopratutto una silurata contro quelli che vogliono far credere che l’idea di Farinetti sia “l’unica” vera rappresentanza ormai della cultura agroalimentare italiana.
FICO & EATALY: SIMBOLO UNICO O COMUNITÀ DI IDEE?
Lo scorso 15 novembre il salone del gusto ha aperto i battenti a tutto il pubblico mondiale, a Bologna: 120 milioni di euro di costo, 40 fabbriche alimentari attive in loco, 47 punti ristoro, un centro congressi, un cinema, campi coltivati, recinti per animali e tutto il resto. Secondo l’analisi del Guardian però il rischio fortissimo con questa nuova Disneyland del cibo italico è quello di “nascondere” quei tantissimi esempi particolari e locali che in verità fanno unica la ricchezza dell’Italia nel mondo: «nei vicoli del Mercato di mezzo di Bologna che è pieno di locali, negozi di alimentari a conduzione familiare, risiede per esempio la grande tradizione del cibo italiano», scrive il giornale britannico per una volta “acuto” nel cogliere un elemento del nostro Paese che forse noi ancora bene non cogliamo. L’analisi è interessante visto che non si tratta di attaccare a tutto spiano Fico e l’idea interessante di Farinetti: la Seymour infatti loda alcuni aspetti del parco agroalimentare – «Fico può essere giustamente lodato come un museo interattivo e un centro educativo, in quanto all’ interno degli spazi c’è un’eccezionale dimostrazione di produttori, che offrono corsi per adulti e bambini per far conoscere la storia del cibo. Ci sono caroselli ambientali che raccontano in modo innovativo il rapporto tra l’ uomo e la natura e l’ importanza di mangiare bene, utilizzando un approccio high tech all’ apprendimento» – ma non nasconde un possibile equivoco di fondo.
«Nonostante molti degli spazi del ristorante siano magnificamente concepiti e nonostante la presenza di un forte impulso educativo ed etico, guardare la mozzarella nascere e cagliare sotto le luci lampeggianti o mangiare una cucina di qualità Michelin mentre i visitatori sfrecciano su tricicli sponsorizzati (la storica ditta Bianchi ha messo a disposizione mezzi a tre ruote per percorrere i grandi spazi del salone), mi fa pensare che Oscar Farinetti abbia evocato una visione distopica del futuro, piuttosto che un omaggio al ricco patrimonio e alla cultura del cibo italiano». Siamo dunque di fronte ad un simbolo unico di cosa possa voler dire il cibo italiano o la tradizione del nostro Paese risiede in secoli e secoli di tradizioni, ricette e prodotti rigorosamente locali che nella loro particolare “piccolezza” hanno saputo rendere grande e famosa l’Italia nel mondo? Eataly siamo così certi che possa essere identificata come la rappresentazione dell’Italia (alimentare), così come ha fatto il premier Gentiloni aprendo i battenti del parco di Bologna, «Se mi domandassero cos’ è Fico, io direi che Fico è l’ Italia»? Il dubbio resta e l’impressione forte di questo “eccesso etico” voluto da Farinetti & Co è che ci si discosti, più che avvicinarsi, alla vera tradizione alimentare (e non solo) italiana che è sostanzialmente una comunità di piccole ma grandi idee. «Prima di lasciare il parco, ho preso un espresso perché proprio come dopo una gita a Ikea il mio corpo è stato assalito da un sovraccarico sensoriale» – scrive ancora la Seymour sul Guardian. «Ed è stata la cassiera, chiacchierando, a riassumere il concetto: “Eataly vuole celebrare la storia della cultura alimentare italiana, ma lo fa in un modo decisamente non italiano”». Ecco, forse per una volta gli inglesi ci hanno visto giusto…