Michela Deriu, la barista di Porto Torres che avrebbe deciso di suicidarsi per la vergogna di alcuni suoi video hard diventati pubblici, in realtà è stata uccisa? Se lo chiede Giallo, il settimanale di Andrea Biavardi domani in edicola, dando voce ai dubbi degli stessi genitori di Michela, per niente convinti che la figlia abbia deciso di impiccarsi con un lungo laccio a casa di un’amica a La Maddalena. Un’ipotesi che se confermata avrebbe del clamoroso, alla quale è quanto meno plausibile pensare anche analizzando la scena presentatasi di fronte agli inquirenti che hanno trovato il corpo della ragazza senza vita. Nelle sue tasche, ad esempio, sono stati trovati due biglietti del traghetto e dell’autobus per fare ritorno a Porto Torres. Perché acquistarli se l’intenzione era quella di togliersi la vita? C’è poi la questione dei due biglietti ritrovati accanto al corpo: possibile che qualcuno li abbia scritti al suo posto per architettare una messinscena? Per escludere questa opportunità la Procura ha già ordinato una perizia grafologica, ma intanto il dubbio resta: Michela si è tolta la vita o è stata uccisa da una delle persone che la ricattava minacciandola di diffondere il suo video hard perché (magari) aveva deciso di ribellarsi?
I DUE BIGLIETTI
Due biglietti prima di togliersi la vita. Michela Deriu, la barista 22enne che ha deciso di suicidarsi dopo aver saputo di essere stata ripresa in un video hard, ha lasciato agli inquirenti degli indizi, è stata lei a metterli sulla giusta strada, a fargli intendere che qualcosa nella sua morte non quadrava. Sul primo biglietto, come riportato da L’Unione Sarda, Michela ha chiesto scusa all’amica che la stava ospitando nel suo appartamento a La Maddalena. Sul secondo, trovato accartocciato, dice che “sono riaffiorati gli scheletri”. Parole che, insieme ad altri elementi, mettono sul chi vive i carabinieri e subito fanno pensare a un ricatto. Le indagini partono subito dopo il ritrovamento del corpo di Michela e portano a 3 “amici”: sono persone poco più grandi o quasi coetanei della Deriu, ragazzi che conosceva bene, che avevano il video e lo avevano visto più volte, favorendone la circolazione. E non è escluso che fossero presenti quando è stato girato o che uno di loro sia il secondo protagonista filmato insieme a Michela.
IL VIDEO HARD
Dopo la morte di Michela Deriu, la barista suicida trovata senza vita il 5 novembre nell’appartamento de La Maddalena, sono tre gli indagati dalla procura di Tempio Pausania con l’accusa di istigazione al suicidio, diffamazione aggravata e tentata estorsione. Una svolta alla quale si è arrivati dopo giorni di indagine, che hanno portato alla scoperta di uno o più video hard aventi come protagonista la 22enne barista. Michela che non sapeva di essere ripresa, Michela che non tollerava che la gente del posto, con la diffusione del filmato online, potesse riconoscerla e additarla come poco seria. A far sì che le indagini degli inquirenti subissero un’accelerazione, come riferito da La Repubblica, sarebbe stata una persona – rimasta anonima – venuta a conoscenza dell’inferno esistenziale vissuto da Michela o con cui la ragazza si sarebbe confidata. I lati oscuri della vicenda, però, sono ancora molti: innanzitutto non è dato sapere se il video hard avente protagonista Michela sia soltanto uno. Come sostiene Repubblica, quelle immagini sarebbero iniziate a circolare a fine ottobre: da qui la scelta di togliersi la vita nel primo weekend di novembre.
LA RAPINA E I MESSAGGI
Iniziano ad emergere sempre maggiori dettagli sulle circostanze che hanno portato alla morte di Michela Deriu, la 22enne barista suicida di Porto Torres. Nell’appartamento de La Maddalena in cui la giovane si è tolta la vita sono stati trovati due messaggi scritti a penna: da quel che filtra dagli inquirenti il testo confermerebbe le volontà suicide della vittima. I dubbi riguarderebbero pure la presunta aggressione a scopo di rapina subita da Michela prima di togliersi la vita. La ragazza ha sempre sostenuto di essere stata narcotizzata e rapinata di circa mille euro, ma sulla stampa locale nei giorni scorsi erano iniziati a filtrare alcuni dubbi su questa versione. L’insinuazione era che la Deriu avesse architettato ad arte la storia della rapina per coprire la sparizione dei soldi, dal momento che circa metà del bottino era costituita da mance sue e di colleghi del bar. Resta però quel timore, espresso proprio alla titolare prima di salire sul traghetto che l’avrebbe portata a La Maddalena: Michela si sentiva in pericolo. La domanda è una: perché?