PAPA/ Gli auguri di Francesco, ultimo avvertimento a complottisti e traditori
Ieri Papa Francesco in occasione degli auguri natalizi ha fatto un altro memorabile discorso alla Curia, stigmatizzando il “cancro” dei complotti e delle piccole cerchie. ANTONIO FANNA

Papa Francesco fa un altro dei suoi memorabili discorsi alla Curia, proprio il giorno nel quale muore il cardinal Law, cioè il porporato americano divenuto tristemente famoso nel mondo grazie a “Il caso Spotlight”, il film Oscar del 2016 la cui tesi era la protezione sistematica della Chiesa cattolica verso i preti pedofili.
“Fare le riforme a Roma è come pulire la sfinge d’Egitto con uno spazzolino da denti”, questa la citazione di De Mérode che ieri Papa Francesco ha fatto propria. E dopo un simile 2017 si capisce perché.
La memoria va a Maria Collins, ultima vittima di abusi sessuali da parte di membri del clero ancora presente nell’organismo vaticano e dimissionaria a marzo. Oppure al caso del segretario di un importante cardinale colto in flagrante dalla Gendarmeria durante un festino gay a base di droga all’interno di un appartamento nel Palazzo dell’ex Sant’Uffizio. O, anche, all’inchiesta Swissleaks che mette in evidenza l’esistenza di conti milionari sospetti in una banca elvetica, riconducibili a monsignor Zerbo, 73 anni, e che Papa Francesco, all’oscuro di tutto, nomina cardinale nell’ultimo concistoro. Oppure ci si può ricordare del chierichetto che al pre-seminario San Pio X in Vaticano venne abusato quando aveva 11 anni. O della vicenda di Libero Milone, chiamato nel 2015 a rivedere i conti del Vaticano e “dimissionato” precipitosamente quest’estate, per arrivare all’ultimo recente scandalo che riguarda Oscar Maradiaga, l’amico di Bergoglio che predicava il pauperismo mentre riceveva 35mila euro al mese dall’università cattolica di Tegucigalpa. E non è affatto un elenco esaustivo: non nomino per esempio l’intricatissima vicenda collegata al cardinale Pell.
E così ancora una volta Papa Francesco stupisce e colpisce. In occasione degli auguri di Natale alla Curia, non opera secondo rituali d’etichetta ma dice la verità alludendo in modo molto chiaro ai fatti che ho fin qui sommariamente elencato. Si comporta da padre, da persona che si prende cura e che vuole curare la propria comunità, richiamando le persone a quell’azione di “buona volontà” che è l’autentico spirito del Natale. Il papa nel suo discorso sottolinea che solo attraverso la comunione filiale fra i componenti del governo della Chiesa, è possibile “superare quella squilibrata e degenere logica dei complotti o delle piccole cerchie che in realtà rappresentano — nonostante tutte le loro giustificazioni e buone intenzioni — un cancro che porta all’autoreferenzialità, che si infiltra anche negli organismi ecclesiastici in quanto tali, e in particolare nelle persone che vi operano”.
Francesco vive e invita a vivere lo spirito del Natale nella sua integralità: come Gesù bambino espose la sua divinità alla storia incarnandosi nel corpo di un uomo piccolo ed indifeso, così bisogna che i monsignori che ascoltano si ricordino che, nella Curia Romana, la Chiesa è pericolosamente esposta. Essi perciò devono impegnarsi in modo ben più rigoroso di quanto fatto finora. Devono non cadere nelle trappole tese “dai traditori di fiducia o dagli approfittatori della maternità della Chiesa, ossia le persone che vengono selezionate accuratamente per dare maggior vigore al corpo e alla riforma, ma — non comprendendo l’elevatezza della loro responsabilità — si lasciano corrompere dall’ambizione o dalla vanagloria e, quando vengono delicatamente allontanate, si auto-dichiarano erroneamente martiri del sistema, del ‘Papa non informato’, della ‘vecchia guardia’, invece di recitare il mea culpa. Accanto a queste persone ve ne sono poi altre che ancora operano nella Curia, alle quali si dà tutto il tempo per riprendere la giusta via, nella speranza che trovino nella pazienza della Chiesa un’opportunità per convertirsi e non per approfittarsene. Questo certamente senza dimenticare la stragrande parte di persone fedeli che vi lavorano con lodevole impegno, fedeltà, competenza, dedizione e anche tanta santità”.
Insomma per Papa Francesco l’essenziale è essere un solo corpo e per giungere a tanto egli ancora una volta punta alla conversione personale e poi a quella comunitaria: perché un organismo vivo e sano è quello dove ogni parte lavora per gli altri e dove è centrale il servizio alla comunione. Non parlare, ma prendersi cura del fratello senza un’autoreferenzialità che conduce sempre all’autodistruzione. È bellissimo che tutto ciò avvenga a Natale, festa della famiglia che condivide vita, gioie e difficoltà, e, contemporaneamente, festa che ci mette in guardia dall’indifferenza. Da quell’atteggiamento per cui si fanno le proprie cose — le cose “proprie” — anche bene ma senza quell’orizzonte, quell’obiettivo, quel fine che, in fin dei conti, è Gesù Cristo.
Francesco non è solo il Papa venuto dall’altra parte del mondo, è un padre che davvero costringe la Curia di Roma a non essere “di Roma” ma del mondo. Cattolica nel senso più nobile. E unita nella e dalla figura del padre alla quale tutti devono guardare.
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