La notizia non è certamente una sorpresa. Secondo l’Istat negli ultimi due anni i redditi delle famiglie italiane sono aumentati. Peccato che ad aumentare siano stati quelli delle famiglie ricche, mentre per tutti gli altri sono stagnanti o addirittura in arretramento. Si allarga la forbice della disuguaglianza, e anche questa non è una sorpresa. In un certo senso non è neanche una notizia, perché non c’è statistica o ricerca economica che da qualche anno a questa parte non confermi questa tendenza.
Quindi evitiamo per una volta di ricorrere alla solita vagonata di numeri tanto scontati quanto deprimenti e proviamo a fare un ragionamento diverso. Che i ricchi ci siano e che numericamente siano cresciuti anche a dispetto della crisi, è un’evidenza che abbiamo sotto gli occhi ogni volta che mettiamo piede fuori di casa. Mentre i negozi normali arrancano o chiudono, le vetrine di lusso proliferano, si allargano, si fanno sempre più smaccatamente opulente. I ristoranti stellati o giù di lì non hanno mai un tavolo libero. Le strade sono sempre più ingombre di macchinoni smaccati e prepotenti. I super alberghi si sprecano e le cinque stelle non bastano più; ed ecco i sei e sette stelle… E che dire dei nostri porti sempre più ingolfati di barche e di yacht?
Non si può fare la colpa a nessuno di quello che vediamo sotto gli occhi tutti i giorni. Ma nessuno può impedirci di sottolineare come questa nuova ricchezza sia una ricchezza caratterizzata da un’insulsaggine di fondo. Innanzitutto è una ricchezza che non deve neanche fare i conti con una rabbia sociale. Oggi quando una Porsche Cayenne ci sorpassa o ci porta via due posti al parcheggio, non ci scatta un sentimento di odio. Più facile provare invidia e pensare che chi la possiede e la guida sia in fondo uno che è riuscito: per dirla tutta, un figo.
In secondo luogo è quasi sempre una ricchezza di default: cresce su se stessa, quasi per meccanismi automatici. Se un ricco oggi consuma, tendenzialmente alimenta guadagni per altri come lui: si comperano capi di moda, che garantiscono altissimi valori aggiunti per chi tiene le redini dei marchi. Sotto, compressi, schiacciati sotto stipendi immobili c’è il proletariato del terzo millennio, che vede passare questi flussi sopra la sua testa.
In terzo luogo questi ricchi sempre più ricchi sono di una razza antropologicamente mediocre. Non hanno più nessuna aspirazione ad un’aristocraticità. Sono fondamentalmente sciatti e incolori. Hanno poco o nessuna coscienza della responsabilità che la ricchezza dovrebbe portare con sé. Ad esempio non genera, non intraprende, non crea ricadute per altri. È una ricchezza che finisce con se stessa.
Forse il problema non è la forbice della disuguaglianza. Non vogliatemene, ma forse il vero problema è che questa è una ricchezza insulsa e scadente.