Una storia dentro ad un’altra storia, con la disperazione e la gioia separati da un filo sottilissimo: in questi giorni il nuovo appello di Dj Fabo, il ragazzo cieco e tetraplegico dopo un incidente stradale gravissimo, chiede di poter ricevere la possibilità dell’eutanasia, spingendo per la legge sul biotestamento ancora incagliata in Parlamento. Matteo Nassigh, 19 anni, è un disabile dalla nascita, non può parlare, camminare, mangiare o fare qualsiasi cosa da solo; durante il parto ha subito un’asfissia che gli provocato gravissimi danni e oggi vive attaccato a una tavoletta con la quale comunica con il mondo. Vive a Milano e due giorni fa ha voluto contattare una giornalista di Avvenire, Luca Bellaspiga, per poter diffondere un appello proprio nei confronti di Dj Fabo. «Mi chiamo Matteo Nassigh, ho 19 anni e sono uno che pensa», l’inizio è subito scoppiettante. «Io conosco bene la fatica di vivere in un corpo che non ti obbedisce in niente. Voglio dirgli che noi persone cosiddette disabili siamo portatori di messaggi molto importanti per gli altri, noi portiamo una luce. Anch’io a volte ho creduto di voler morire, perché spesso gli altri non ci trattano da persone pensanti ma da esseri inutili». Tiene un blog il cui nome è tutto un programma: «Vita a rotelle di uno con le rotelle pensanti»
La forza del pensiero, e prima ancora la forza umile della dignità umana che non viene certificata dal sapere camminare o scrivere, dal poter avere rapporti o meno, ma semplicemente dall’essere una persona. Con mille problemi, ma una persona: «È vero che noi due non possiamo fare niente da soli, ma possiamo pensare e il pensiero cambia il mondo. Fabo, noi siamo il cambiamento che il mondo chiede per evolvere! Tieni duro». Matteo nella sua complessissima vita sta provando assieme all’affetto e vicinanza dei suoi genitori e di tanti amici a portar avanti l’associazione “Per la cura di chi cura” in cui l’obiettivo viene spiegato dallo tesso Matteo. «cambiare lo sguardo verso noi disabili. Anche noi siamo perfetti, se ci lasciate liberi di essere come siamo, diversi, e di non dover diventare simili a voi». Da una carrozzella, forse, il richiamo e appello più intimo e allo stesso tempo più potente fatto all’”amico”, come lo chiama Matteo, Dj Fabo che in questi anni soffre un dolore che nessuno può permettersi di giudicare, ma che può invece essere accompagnato con una vitalità straordinaria, anche se da lontano e su una carrozzina. (Niccolò Magnani)