Non solo Roberta Bruzzone ma anche il perito balistico Dottor Guccia ha preso oggi la parola in aula in occasione della ventesima udienza del processo a carico di Giosuè Ruotolo, presunto killer di Trifone e Teresa. A rivelarlo è stato IlFriuli.it che sottolinea come anche il secondo esperto sia stato concorde con le precedenti parole della criminologa. “C’è tanto materiale, tra cui sei bossoli che danno i risultati più affidabili sulla provenienza dell’arma”, ha commentato. A detta del perito, la Beretta modello 1922, usata per uccidere la coppia, possiamo definirla come l’arma perfetta: poco rumorosa, semplice da usare e gestire. Secondo l’esperto forense, ci sarebbero ragioni per credere che “l’arma provenga dal mercato clandestino”. L’attenzione si è spostata poi sulla presenza di sangue su un bossolo che “forma quasi una lacca”. A tal proposito Roberta Bruzzone ha parlato di “pellicola protettiva attorno al reperto” in riferimento ad un bossolo in particolare. In merito all’arma, solitamente usata per episodi criminali, non è stato possibile risalire alla sua provenienza ed al suo primo proprietario. “Difficile stabilire se chi ha sparato fosse mancino”, ha aggiunto in merito la difesa dell’imputato, che nel frattempo continua a ribadire la sua innocenza, così come la madre di Ruotolo.
Nuova udienza del processo in Corte d’Assise a Udine, oggi, sul duplice omicidio di Trifone Ragone e Teresa Costanza e che vede unico imputato l’ex militare di Somma Vesuviana, Giosuè Ruotolo. A prendere la parola nella giornata odierna, in occasione del ventesimo appuntamento in aula, è stata la criminologa Roberta Bruzzone, chiamata a testimoniare dagli avvocati di parte civile. Ne dà notizia IlFriuli.it, che rivela come l’esperta in scienze forensi abbia immediatamente escluso il movente passionale, definendo più plausibile un’offesa a Trifone. Prima di prendere la parola al cospetto della Corte, come riporta l’agenzia di stampa Ansa.it, la criminologa ha sottolineato la modalità esecutiva “estremamente feroce” del duplice delitto di Trifone e Teresa, avvenuta “approfittando di un momento di minorata difesa delle vittime” e con una particolare modalità preparatoria “che non ha lasciato nulla al caso”. Uno degli aspetti che avrebbe sin da subito colpito l’attenzione della Bruzzone, sarebbe stata la presenza di “una volontà precisa, un odio insanabile, irrimediabile” da parte dell’assassino. A colpire maggiormente sarebbe stato nel dettaglio “il percorso psicologico” che gli esperti avrebbero sottolineato. Ad aprire oggi l’udienza a carico di Giosuè Ruotolo è stata proprio Roberta Bruzzone che è partita dalle sue deduzioni su quanto avvenuto nel parcheggio del palasport di Pordenone la sera del 17 marzo 2015. La criminologa ha quindi descritto il primo colpo esploso nei confronti di Trifone, “da una distanza di 10/15 cm”, mentre il militare di Adelfia era in movimento, cogliendolo di sorpresa. I successivi due colpi sono stati esplosi in rapida successione. L’esperta ha quindi descritto anche le tracce ematiche rinvenute e ha dato la sua deduzione circa la natura stessa delle macchie. “L’assassino non è stato colpito dagli schizzi quando ha colpito Trifone e nemmeno quando ha allungato il braccio per colpire Teresa”, ha chiarito Roberta Bruzzone. Chi ha freddato le due vittima, dunque, non sarebbe stato colpito da schizzi di sangue, se non in minima parte.