È guardato con ottimismo misto a sospetto il “nuovo” ddl Lepri arrivato in Senato per la discussione sull’assegno per figli a carico, dal Forum per le Famiglie: di ceto viene valutata positivamente la scelta di ritirare fuori (anche se per fini elettorali) il ddl Lepri dopo due anni di stallo al Senato. Restano però alcuni punti critici che lo stesso Forum ha espresso oggi con le parole del presidente Gigi de Palo, scettico sulla buona riuscita della norma: «È un buon segnale provare a riordinare il sistema degli assegni familiari – scrive in una nota il Forum –. Però il ddl Lepri costa 23,4 miliardi di euro, non risolve la discriminazione verso le famiglie monoreddito numerose e costa quasi il doppio del ‘fattore famiglia’. Così come gli italiani sono in attesa della non più differibile riforma strutturale dell’Irpef». Una simile criticità ai possibili nuovi assegni familiari era stata avanzata anche dall’ufficio Parlamentare di bilancio che aveva sottolineato come «L’efficacia del nuovo istituto viene condizionata da un targeting non specificamente orientato ai nuclei più a rischio. Il nuovo assegno infatti garantisce un trattamento uniforme a circa due terzi delle famiglie con figli a carico e, per rimanere coerente con il vincolo finanziario, finisce per premiare necessariamente i nuclei con redditi medi e medio alti, mentre i nuclei con redditi più bassi, oggi titolari di trattamenti più cospicui, beneficiano di incrementi minori, o in qualche caso nulli o negativi».
L’assegno unico per i figli a carico torna d’attualità stretta nella politica italiana: da giovedì verrà riaperto il dibattito in Senato per quella misura universale rimasta “nel cassetto” del Parlamento da almeno due anni, e che prevede una misura finalmente universale e di sostegno per tutte le famiglia italiane. La svolta politica è arrivata al Lingotto di Torino con l’ex premier Matteo Renzi ha fatto propria la proposta di Tommaso Nannicini di riprendere il ddl Lepri come programma elettorale per il Congresso Pd. Questo significa che intanto si ritorna a discutere al Senato in questi giorni della norma sui figli a carico in assegni familiari: chiaro, come osserva l’Avvenire, resta arduo ipotizzare che si riesca a fare il secondo passaggio alla Camera senza intoppi e che il governo vari i decreti attuativi prima che si vada alle urne. Due le ipotesi in campo: programma elettorale di Renzi per il Congresso e poi per le elezioni nazionali per chiunque vinca le primarie dem, oppure accelerazione del Governo Gentiloni per inserire il ddl Lepri già nella prossima legge di stabilità (sempre che non ci siano prima le urne convocate). Qui sotto lo schema e i punti base della norma sui figli a carico.
L’assegno per i figli a carico ha un testo di base di per sé semplice e con misure abbastanza nette: innanzitutto viene distribuito senza discriminazione di reddito, se non per una soglia molto alta, e premia così 3/4 delle famiglie che in Italia fanno figli. Costa in tutto 23 miliardi di euro la misura che sarà, se approvata, una vera rivoluzione: via tutte le forme di sostengo alla famiglia, un’unica misura universalista per ogni figlio a carico da incassare fino al compimento del 26esimo anno di età. 16 di questi miliardi provengono dall’abolizione di ciò che esiste adesso: assegni (6,5 miliardi), detrazioni (7,5 miliardi), bonus terzo figlio e altri bonus non strutturali, escludendo quelli a beneficio di categorie particolarmente sfavorite. Avvenire spiega anche a livello fiscale cosa dovrebbe avvenire con il nuovo assegno unico per i figli a carico: «sino a un Isee di 30mila euro, l’assegno è pieno. Poi c’è un décalage sino ai 50mila euro, dove il beneficio si estingue. Per ogni figlio in più, però, la soglia Isee aumenta di 5mila euro. In media, per ogni bambino (sin dal settimo mese di gravidanza) la famiglia al di sotto dei 30mila euro Isee riceverebbe 200 euro al mese sino ai 3 anni. Tra i 3 e i 18 anni, l’assegno sarebbe di 150 euro mensili. Tra i 18 e i 26, si prendono 100 euro». Tra le novità di certo sarà interessante vedere come la proposta di Lepri e del Pd di estendere la misura universale verso gli incipienti (sotto gli 8 mila euro di reddito) e i lavoratori autonomi, come partite iva e simili; in secondo luogo, il reddito sopra il quale un giovane non si considera ‘mantenuto’ salirebbe da 2.800 a 5mila euro. (Niccolò Magnani)