ROBERTA RAGUSA / L’indole menzognera di Antonio Logli evidenziata dal gup (Quarto Grado)

- Emanuela Longo

Roberta Ragusa, ultime news: rese note le motivazioni della sentenza di condanna a carico di Antonio Logli e per la prima volta emerge il movente del delitto.

roberta_ragusa_01_chi_lha_visto_2017 Roberta Ragusa

Nelle motivazioni della sentenza di condanna a carico di Antonio Logli, l’uomo definito l’assassino di Roberta Ragusa, il gup Elsa Iadaresta non usa parole clementi per descrivere l’indagato. Al termine del primo grado con rito abbreviato, il marito della donna scomparsa misteriosamente è stato condannato a 20 anni di reclusione (sebbene sia attualmente libero). Il movente sarebbe da rintracciare nell’ultima telefonata tra l’uomo e la sua amante (oggi convivente) Sara Calzolaio. Oltre a questo, il giudice evidenzia anche le numerose bugie dell’uomo parlando di vera e propria “indole menzognera” ma che la “consistente insensibilità d’animo palesata non solo nei riguardi di Roberta, ma anche di Sara”. Delle tante menzogne attribuite a Logli, ne aveva parlato anche Nicodemo Gentile, avvocato e rappresentante legale dell’associazione Penelope presente come parte civile. “Ha sempre negato anche quando era impossibile mentire”, ha sostenuto Gentile, riferendosi ad Antonio Logli. Il caso sarà oggi affrontato nel corso della trasmissione Quarto Grado, in onda su Rete 4, con il commento e l’analisi delle motivazioni della sentenza di condanna a carico del presunto assassino di Roberta Ragusa.

A Roberta Ragusa ed alle motivazioni della sentenza a carico del marito Antonio Logli, condannato lo scorso dicembre a 20 anni di reclusione per l’omicidio e la distruzione di cadavere della donna, sarà dedicata oggi un’ampia parentesi nel corso di Quarto Grado. La trasmissione tornerà ad interrogarsi su quanto realmente avvenuto la notte a cavallo tra il 13 ed il 14 gennaio 2012 nell’abitazione di Gello di San Giuliano Terme, quando di Roberta si persero per sempre le tracce. Fu proprio in quella notte, pochi minuti dopo la mezzanotte, che è racchiuso il movente dietro il delitto di Roberta Ragusa. Ne è certo il giudice per le udienze preliminari, Elsa Iadaresta, che nei giorni scorsi ha depositato le motivazioni della sentenza di condanna, un documento di 134 pagine in totale, nelle quali ripercorre l’intero giallo soffermandosi in particolare sulle bugie e ricostruendo per la prima volta il movente. Ciò che fece esplodere la follia omicida di Antonio Logli nei confronti della moglie Roberta Ragusa, secondo il gup fu proprio una telefonata tra l’uomo e l’allora amante e babysitter (ed oggi compagna e convivente) Sara Calzolaio. Quella notte, l’ultima conversazione terminò alle 00:18, dopo appena 28 secondi, “come se fosse intervenuto un elemento esterno a determinare la brusca interruzione”, scrive il giudice. Quell’elemento esterno potrebbe essere rappresentato proprio da Roberta, che probabilmente, ascoltando la telefonata scoprì oltre all’esistenza di un’amante del marito anche la sua identità. La Calzolaio, infatti, non solo frequentava casa Logli costantemente ma aveva stretto con la vittima un rapporto di forte amicizia. Quasi certamente, per il gup, ne derivò una violenta lite tra i due coniugi, così accesa “che la vittima si vide costretta a fuggire in strada, abbagliata com’era perché percepì di essere in pericolo”. Il giudice non avrebbe avuto alcun dubbio nell’indicare proprio nella paura per la propria incolumità il reale motivo per il quale la donna, che proprio quella stessa notte scomparve misteriosamente, si diede a una fuga precipitosa, senza tener conto delle condizioni nelle quali si trovava. Una paura che derivava anche dal precedente episodio della caduta dalle scale avvenuto alcuni giorni prima della sparizione. In quell’occasione, Roberta Ragusa era convinta che fosse stato il marito Antonio Logli a caderle volontariamente e rovinosamente addosso al fine di ucciderla. Il delitto, dunque, sarebbe sopraggiunto in un secondo momento, ovvero quando Logli si mise all’inseguimento della moglie, in strada. Quello illustrato da Elsa Iadaresta a tre mesi dalla condanna dell’uomo, rappresenta un quadro raccapricciante ma verosimile di quanto accadde oltre cinque anni fa alla giovane mamma di Gello, supportato dalle numerose menzogne dell’indagato, tutte prontamente smentite.





© RIPRODUZIONE RISERVATA

I commenti dei lettori

Ultime notizie

Ultime notizie