UCCISO A SPRANGATE/ Crepet, “cosa vuol dire essere amici oggi? Dovrebbe insegnarlo la scuola” (video)

- Niccolò Magnani

Omicidio Alatri, Emanuele Morganti: Paolo Crepet, “cosa vuol dire essere amici oggi?”. Il dibattito-video ad Agorà, il dramma del presente forzato e speciale e la mancanza di futuro

incidente_omicidio_carabinieri_2_lapresse_2017 Immagine d'archivio (LaPresse)

Sull’omicidio di Alatri, di quel giovane 20enne massacrato di botte per un semplice diverbio da 7 altri giovanissimi coetanei, fa discutere e getta nello sconforto un normale cittadino che guarda alla realtà di questo ennesimo caso assurdo di cronaca e rischia di bollarlo come “paese irreale”. Questa mattina ad Agorà è intervenuto sulla vicenda di Frosinone il celebro psichiatra spesso ospite nei salotti tv, Paolo Crepet, che ha affrontato la tematica drammatica sotto un versante altamente interessante e finora ancora non affrontato nei tanti (forse troppi?) dibattiti televisivi sul caso di Emanuele Morganti. «Fermiamoci ad un attimo prima del delitto, del pestaggio e pensiamo a cosa ha detto il fratello grande della vittima», racconta Crepet facendo riferimento alla versione fornita dal fratello, «era uscito con degli amici ed era andato normalmente in una discoteca». Ecco appunto, con degli amici: ma dove erano quando è stato massacrato e ucciso a sprangate? Tranne uno che si è messo in mezzo, e le ha prese anche lui, gli altri dov’erano? «Ma cosa vuole dire essere amici oggi? 750 amicizie su Facebook, ma nessuno è solidale con te, tutti scappano, nessuno chiama nessuno. Un’amicizia falsa che rende la vita reale poverissima e straziante», attacca Crepet interrogandosi sul valore reale del sentimento di amicizia oggi. Sono tanti i casi di cronaca in cui l’omertà, la paura e la mancanza di “educazione” ad una vicinanza solidale al prossimo tuo, addirittura amico, sono all’ordine del giorno; «a scuola io questo chiederei, mica altre cose, cosa significa essere amici oggi in questo mondo?». Il monito di Crepet, per una volta, lascia davvero il segno..

Non solo l’amicizia ma l’intera dimensione dei giovani nella realtà quotidiana è stato un altro spunto per poter parlare della vicenda di Alatri sono altri punti di vista meno “banali” e più incentrati ad approfondire il dramma del pestaggio di Emanuele. Sotto la luce non giudiziaria, ma esistenziale. Crepet pone la sfida durante Agorà, «come si fa a dire che “è tutto bene”? Gioventù che non fa altro che ubriacarsi come giannizzeri dopo la guerra, droga libera e quant’altro, tutto questo è diventato normalissimo», analizza il noto psichiatra.  Come si fa dunque? Eppure ha ragione Crepet dal momento che sottolinea come spesso l’analisi successiva a fatti violenti del genere è incentrata sui problemi sociali, economici, giudiziari, ma raramente umano-esistenziali. «Non cercate i motivi di questi delitti, perché spesso i motivi non ci sono. Non è vero che ci sono questioni razziali o altro, quasi sempre c’è questa sorta di noia a dominare il tutto». Secondo Crepet, siccome “abbiamo rubato il futuro, c’è solo il presente”. Lo psichiatra si getta allora nell’affondo secondo noi decisivo: «ma questo presente deve essere speciale tutti i giorni. E come lo fai speciale tutti i giorni? Questo ragazzo era contento di aver trovato ad un lavoricchio qualsiasi, poveraccio, tutto il resto non aveva nessun senso. A quel punto, quella serata, “deve essere seratona”».  Menarsi, uccidere, fare le corse in macchina a quel punto “poco” importa e poco si distingue: una noia che tende a rendere speciale sempre il presente davanti, perché manca in ultima analisi una relazione, un’educazione a vedere la realtà come in fondo “positiva” e non arrogante o inutile. Un dilemma enorme, ma assolutamente necessario per comprendere a fondo e non solo “analizzare” i casi di cronaca e di vita che si presentano davanti quasi tutti i giorni.







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