Gli ex alunni di Don Milani raccontano, a 50 anni dalla morte del prete, l’esperienza della scuola di Barbiana. Tra loro ci sono Agostino Burberi, che oggi vive a Legnano, Michele Gesualdi e Piero Cantini, entrambi di Firenze: hanno 70 anni e sono impegnati nella Fondazione dedicata a Don Milani. Al Corriere della Sera spiegano che l’insegnamento che hanno ricevuto li ha accompagnati lungo tutta la loro vita. Agostino Burberi, che poi è diventato sindacalista della Cisl ricorda: “Io ero stato bocciato in prima elementare perché facevo le aste delle lettere storte. Altro che finire le medie, se non fosse stato per lui non avrei fatto niente”. Quella di Barbiana, nel racconto degli ex alunni, è stata soprattutto una scuola di vita. Piero Cantini ricorda che “non c’erano né banchi né lavagne, le cose si imparavano facendole. Il principio dei vasi comunicanti l’abbiamo studiato costruendo l’acquedotto per portare l’acqua a Barbiana, perché non c’era”. E Michele Gesualdi, anche lui ex sindacalista, sottolinea che Don Milani “voleva che testimoniassimo per lui (senza mai citarlo) l’impegno sociale e cristiano. Ci ha insegnato a sgranare gli occhi, a essere uomini liberi carichi di speranza e di parole per camminare insieme agli altri. Tante volte in questi anni mi è sembrato di sentirlo dietro di me”.
Nacque a Firenze il 27 maggio 1923. Prete e insegnante, negli anni ’50 e ’60 è stata una figura controversa della Chiesa cattolica: ora è invece considerato un punto di riferimento per il cattolicesimo socialmente attivo ed è stato riconosciuto il valore pedagogico della sua esperienza di maestro. Don Milani fu impegnato in particolare nell’istruzione dei poveri. Nel dicembre 1954, per incomprensioni con la Curia di Firenze, fu mandato a Barbiana, una frazione di montagna nel comune di Vicchio, in Mugello. Qui creò un modello di scuola a tempo pieno rivolto alle classi popolari nelle stanze della canonica annessa alla piccola chiesa. l’opera fondamentale della scuola di Barbiana è “Lettera a una professoressa”, pubblicata nel 1967: Don Milani e i suoi ragazzi denunciarono il sistema scolastico e il metodo didattico che favoriva l’istruzione delle classi più ricche. “Lettera a una professoressa” fu scritta negli anni della malattia di Don Milani e pubblicata dopo la sua morte. Don Milani morì il 26 giugno 1967 a causa di un cancro: quasi fino all’ultimo decise di stare vicino ai suoi alunni, poi fu trasportato a Firenze nella casa materna.