A soli 21 anni il presunto foreign fighter marocchino Monsef El Mkhayar ha scoperto gli orrori della guerra e ora si ricrede sulla sua scelta di essere una soldato e un reclutatore dello Stato Islamico. Il giovane si trova ora in Siria e avrebbe riferito alla zia Malika di voler tornare a casa, come riportato sul Corriere.it: “Non ce la faccio più a vedere gente sgozzata, teste mozzate e tutto questo sangue. Voglio tornare in Italia, voglio uscire da qui e scappare dalla guerra perché non ho trovato quello che cercavo”. La donna è stata sentita giovedì come teste al processo contro il nipote per terrorismo internazionale che si sta tenendo a Milano e ha riferito di una conversazione di un paio di giorni fa dello stesso tenore in cui Monsef diceva che sarebbe già tornato se in Siria non fosse tutto bloccato. Le speranze della zia sono di riaverlo a casa tra una settimana. Il nipote l’ha inoltre rassicurata affermando: “Appena torno `vado dalla polizia a raccontare tutto quello che ho visto: se mi condannano mi danno un anno o due. Io nel frattempo vi lascio mia moglie e mia figlia”.
– Monsef El Mkhayar, presunto foreign fighter e reclutatore dello Stato Islamico, era divenuto noto all’inizio di marzo, quando il suo nome era stato accostato a quello di Usama El Santawy, l’imam di Lecco. Come riportato da Rsegoneonline.it, sarebbe stato proprio Monsef ad avvicinare El Santawy via Facebook per reclutarlo nell’Isis. Il 21enne marocchino andato in Libia per combattere la jihad è cresciuto tra Milano e provincia. Prima di partire per unirsi alle file dello Stato Islamico, El Mkhayar avrebbe tentato di reclutare i suoi compagni della comunità per minori in cui era stato. L’inchiesta su di lui condotta dal pm Piero Basilone ha portato alla luce come Monsef si fosse radicalizzato a San Vittore nel 2013. Il responsabile della comunità ha spiegato che Monsef aveva precedenti per spaccio e aggressione: “Uscito dal carcere, sembrava avesse cambiato vita. Non beveva più e non si drogava più, sembrava diventato una sorta di santo, aveva iniziato a frequentare le moschee e a fare discorsi monotematici sull’Islam. Probabilmente l’esperienza in carcere ha fortificato un atteggiamento radicale che prima aveva in fase embrionale”. Anche dalla Siria Monsef avrebbe continuato il suo lavoro di reclutatore, contattando diverse persone dal suo profilo Facebook per fare proselitismo. El Mkhayar ci avrebbe provato anche con Usama El Santawy, che una volta capite le pericolose intenzioni del giovane avrebbe però interrotto subito la comunicazione, andando a denunciare l’accaduto alla Digos.