Una nuova intervista per Papa Francesco, in pochi giorni finito sulla copertina di Rolling Stones e ora intervistato da un settimanale tedesco, il “Die Zeit”, la prima volta per il papa argentino. Le parole dette da Francesco nella sua analisi e osservazione della vita a 360 gradi sono destinate a far parlare e molto di sé, della fede cristiana, del bene e del male e addirittura anche del periodo politico attuale, tra migrazioni e populismo che spaventano non solo l’Europa. Un colloquio molto ampio che come titolo è stato “incardinato” nelle parole forse più importanti dette da Bergoglio nell’intervista «Sono un peccatore e sono fallibile». Francesco racconta i tanti momenti difficili attraversati dalla sua fede nel corso della vita: «Anche io provo momenti di vuoto e di oscurità. Queste crisi sono però una vera opportunità di crescita: Non voglio dire che la crisi è il pane quotidiano della fede, ma una fede che non attraversa crisi per crescere, resta infantile», spiega Papa Francesco. Ha ribadito per l’ennesima volta di non voler essere idealizzato: «Non dico che sono un povero diavolo, ma sono una persona normale, che fa quello che può. Così mi sento», e arriva poi a toccare il fastidioso caso dei manifesti a Roma contro la sua persona e il suo papato. «l dialetto romano dei manifesti era meraviglioso. Non li ha scritti un uomo qualsiasi della strada, ma una testa intelligente»: questo è stato il commento sui manifesti di satira nei suoi confronti attaccati di nascosto a Roma. «Da quando sono stato eletto Papa – ha continuato Bergoglio – non ho perso la mia pace. Io posso capire che il mio modo di fare non piaccia a qualcuno, questo va assolutamente bene. Ognuno può avere la sua opinione. Questo è legittimo, umano e arricchisce». Non arricchiscono invece le prima pagine falsificate dell’Osservatore Romano che a Papa Francesco non sono andate particolarmente giù e dall’intervista lo si evince «ecco quello non arricchisce affatto», commenta laconico. Molto interessante il passaggio invece sulla crisi delle vocazioni sacerdotali, con Papa Francesco preoccupato in maniera consistente: «un enorme problema e la Chiesa dovrà risolverlo. Il Signore ha detto: pregate! Questo è quello che manca: la preghiera. E manca il lavoro con i giovani, che cercano orientamento». Bergoglio lega il problema delle ordinazioni che scarseggiano ad un altro enorme problema, come quello tutto europeo (e italiano) della diminuzione di natalità: «Dove non ci sono giovani uomini, non ci sono neppure sacerdoti: questo è un problema che dovremo affrontare al prossimo Sinodo. E non ha nulla a che fare col proselitismo, il proselitismo non porta vocazioni».
Papa Francesco ha voluto raccontare a fondo nell’intervista a Die Zeit – fatta a fine febbraio ma uscita oggi nel nuovo numero in edicola in Germania – anche alcuni fatti particolarmente caldi nei paesi sassoni, come la stessa Germania e l’Austria, ad esempio il celibato femminile. «Sulla mancanza di sacerdoti bisognerà riflettere se l’ordinazione di viri probati sia una possibilità in certe situazioni. «Dobbiamo anche stabilire quali compiti potrebbero prendere, per esempio in comunità particolarmente lontane e fuori mano. Il tema del diaconato femminile lo affronto avendo creato una commissione per approfondire il tema, ma non per aprire una porta». Infine, un passaggio anche sulla condizione attuale di Italia, Germania, Francia, ma anche Russia, Usa e insomma gran parte del mondo occidentale: il populismo, le migrazioni e il rischio di guerre mondiali. Ha ribadito Bergoglio il rischio di una terza guerra mondiale a pezzetti, mentre ha commentato durissimo sulle forme di populismo presenti in tutta Europa: «Il populismo è cattivo e finisce male, come ci ha mostrato il secolo scorso, per me il concetto di populismo è sempre stato equivocabile, perché in Sudamerica ha un altro significato. Populismo significa usare il popolo, giusto? Pensi al 1933, dopo il fallimento della Repubblica di Weimar. La Germania era disperata, indebolita dalla crisi del ’29, e allora arrivò quest’uomo che disse: io posso, io posso, io posso! Si chiamava Adolf. È andata così. Ha convinto il popolo che lui poteva. Il populismo ha sempre bisogno di un Messia. E anche di una giustificazione: noi custodiamo l’identità del popolo» ha concluso Papa Francesco.