Ci sono anche appartamenti, ex negozi e retrobottega di bordelli tra i posti scelti dagli italiani per i suicidi assistiti in Svizzera. A svelarlo è un’inviata de La Repubblica a Chiasso: a soli 500 metri dal confine con l’Italia esistono strutture abusive dove i malati terminali possono trovare assistenza per morire. Si tratta di una zona commerciale dove stanno proliferando queste ‘attività’ e in Svizzera sta scoppiando uno scandalo a riguardo. Nel paese il suicidio assistito è legale però devono essere rispettate le norme del piano regolatore, cioè non deve avvenire nelle zone residenziali ma in quelle industriali e commerciali. La zona vicina al confine Italia-Svizzera è appunto commerciale, quindi, accanto a supermercati e altre attività industriali, e accanto ai bordelli che sono sempre legali, possono essere aperti pure i centri per l’assistenza al suicidio. Alcune strutture però non sono autorizzate dal governo e gli svizzeri protestano chiedendo di fermare il business dei suicidi assistiti.
A Chiasso, Sonia Colombo-Regazzoni, assessore alla Sicurezza pubblica e del Territorio del Comune, spiega che i centri per i suicidi assistiti rientrano in tutte quelle attività che producono “emissioni moleste”. “Voi italiani le definite cliniche – sottolinea l’assessore – ma non sono strutture sanitarie. Sono appartamenti affittati, ex negozi. È la nostra patata bollente. Il governo ticinese deve mettere dei paletti, sennò qui, altro che turismo della dolce morte. D’altra parte, la domanda c’è”. E infatti ci sarebbero 30 italiani in lista di attesa per ricevere assistenza alla morte anche in questi centri in aree commerciali e industriali in Svizzera. Per le strutture non in regola, come per esempio ‘Carpe Diem’ che non aveva chiesto il cambio di destinazione d’uso dei locali, il Comune ha potuto bloccare l’attività. Ma quello che l’amministrazione può fare in questi casi è ben poco: “Una multa di 500 franchi per violazione di legge edilizia, tutto qua. È come se aprisse una panetteria, e cominciasse a sfornare michette senza autorizzazione, noi ce ne accorgiamo e li fermiamo. Ma qui non si tratta di michette, purtroppo”.
Gli svizzeri nell’ultimo referendum per decidere se impedire agli stranieri di andare nel paese per suicidarsi hanno accettato (l’80%) che anche da altri Stati, quindi anche dall’Italia, si possa varcare il confine per essere assistiti alla morte. Servono però delle regole per i centri per i suicidi assistiti. Per il Comune di Chiasso “serve una base legale. Non bisogna accettare che chiunque possa fare l’accompagnamento alla morte. Serve un’infermiera diplomata, bisogna sapere quanti medici ci sono, che tipo di colloqui avvengono, e quanto approfonditi. Sennò è un Far West”. E alcuni parlamentari locali, di tutti i partiti, hanno chiesto al governo di trovare una soluzione. Raoul Ghisletta, socialista, Amanda Rüeckert (Lega) e Fiorenzo Dadò (Ppd), Giorgio Fonio, anche lui Ppd hanno denunciato infatti irregolarità in qudesto campo. “Un tempo questo problema esisteva a Zurigo – spiega Ghisletta -. poi sono intervenuti. Da noi c’è il rischio di speculazioni ai danni di persone sofferenti. Servono requisiti professionali, di moralità, di igiene. E non deve esserci lucro”.