-Nemmeno il tempo di festeggiare la conferma a Presidente dell’Iran che Hassan Rohani si torva costretto a fare i conti con un accordo tra Usa e Arabia Saudita che qualcuno potrebbe spingersi a leggere come un primo passo verso lo scoppio di una Terza Guerra Mondiale. Come riportato dall’Ansa, infatti, il presidente americano Donald Trump – in quello che è il suo primo viaggio all’estero da quando è salito alla Casa Bianca – ha firmato un accordo per 110 miliardi di dollari con il re dell’Arabia Saudita Salman, che prevede che Riad compri armi e sistemi di difesa dagli Stati Uniti da utilizzare in un’ottica di difesa dalle minacce dell’Iran. L’intenzione dei due Paesi è quella di arrivare alla cifra record di 350 miliardi di dollari nell’arco dei prossimi 10 anni. Un accordo, quello sancito all’interno del palazzo reale di Riad, che rinsalda il legame tra gli Usa e l’Arabia Saudita, che proprio Trump – come rivela Il Sole 24 Ore – vorrebbe a capo di una sorta di “Nato araba” composta da una trentina di paesi musulmani sunniti chiamati a contenere le mire dell’Iran sciita. (agg. di Dario D’Angelo)
È scontro di fatto totale in Siria tra gli Stati Uniti e la Russia dopo il raid lanciato da Trump contro le milizie sciite pro-Assad al confine con la Giordania (dove tra l’altro il presidente Usa è sbarcato giusto ieri per l’importante vertice con Riad). Ieri Putin ha condannato il gesto degli americani, giudicando un estremo atto inaccettabile che va contro la sovranità nazionale di Damasco. Il tutto ancora nell’alveo delle accuse Usa dirette contro il regime di Assad di uccidere e torturare prigionieri nelle carceri siriane (e bruciandoli nei forni crematori): per il ministro degli Esteri Sergey Lavrov ha aggiunto una importante e pesante accusa contro la Casa Bianca, dimostrando come il clima e il tono da terza guerra mondiale non è un azzardo da complottasti.
«L’attacco sferrato contro il gruppo filogovernativo di Damasco, è la riprova inconfutabile che gli USA punterebbero sui terroristi di Jabhat Al Nusra, per contrastare il governo siriano di Bashar Assad», ha raccontato Lavrov mentre ancora sono in corso i colloqui di pace a Ginevra sul destino del popolo siriano, dell’Isis e degli equilibri politici in Medio Oriente. Di certo il clima è tutto l’opposto di una rapida soluzione pacifica, e a dimostrarlo una volta di più sono gli scontri e i raid tra lealisti siriani e ribelli filo-Usa al confine con il Paese giordano.
Un segnale di distensione nella fosca ombra mondiale tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord arriva dalla nuova amministrazione della Sud Corea, il principale alleato degli Usa contro il regime di Pyongyang. In sostanza, come promesso durante la campagna elettorale, il presidente Moon Jae-in vuole ripristinare la linea diretta e di dialogo con il regime di Kim Jong-un, anche senza passare dagli Stati Uniti (vista anche i rapporti praticamente inesistenti oggi tra Trump e la Nord Corea). «Il Governo è del parere che sia necessario ripristinare un canale di dialogo intercoreano.
Il ministero sta studiando un percorso di recupero», sono le parole del Ministero per l’Unificazione sudcoreano, riportate da Sputnik.news. La linea in questione è stata disattivata lo scorso anno dopo che i test missilistici di Pyongyang contro Seul sono aumentati a dismisura e passa sul confine di demarcazione tra Nord e Sud presso il villaggio di Panmunjom. Ripristinare la linea telefonica diretta significa in prima battuta un ritorno ad un ipotetico dialogo tra i due Paesi vicini e fratelli, divisi da 70 anni da una tremenda guerra civile e distante anni luce rispetto alle alleanze internazionali.