FRANCESCO TOTTI/ Nello stupore per la vita il segreto di un campione (vero)
“Mi piace pensare che la mia carriera sia per voi una favola da raccontare”. E ancora: “Concedetemi un po’ di paura”. Ieri Francesco Totti ha giocato l’ultima partita. GRAZIANO TARANTINI

“È finita veramente. Il tempo bussa, maledetto… Ho paura, ho bisogno di voi”. Queste parole di Francesco Totti sono il sigillo più bello di un campione che ha “rubato” 24 anni della mia vita. Da mezz’ora è entrato nella storia il 28 maggio 2017. Il giorno dell’addio di Francesco Totti, una storia lunga 24 anni, cominciata quel lontano 28 marzo 1993 con il suo esordio allo stadio Rigamonti di Brescia. Io c’ero, con tutta la nostalgia per la città in cui avrei desiderato vivere, e con tutto l’amore per i colori giallorossi. Tante volte sono tornato in quello stadio e ogni volta i miei occhi hanno fissato il punto esatto dell’entrata in campo dell’allora giovanissimo Francesco.
Quel punto me lo ricordo bene, non l’ho mai dimenticato. Del resto la vita è fatta di attimi, sono gli attimi che hanno il potere di cambiare il corso di un’esistenza.
Scrivo a quest’ora perché proprio in questo momento mi è stato richiesto un breve commento sulla vicenda Totti da parte del direttore del sussidiario. Avrei molte cose da raccontare, la Roma è parte della mia famiglia, decide dei nostri umori, e Totti è stato la sua carnalità, ha reso umani l’amore e la sofferenza per uno sport.
Oggi abbiamo pianto, insieme a milioni di italiani. Mi viene in mente una canzone di Venditti, il punto in cui dice che la matematica non sarà mai il mio mestiere. E’ proprio così, nessuno alla fin fine desidera che due più due faccia quattro, anche se ti dà delle apparenti certezze. Siamo fatti per un oltre che faccia fuori ogni calcolo. Se l’avesse vinta la matematica, oggi tutte le persone presenti allo stadio Olimpico e i molti incollati al televisore sarebbero da catalogare nel migliore dei casi come degli invaghiti, dei sognatori. Ma per fortuna non è così.
Totti è stato — è — un campione perché è rimasto leale fino alla fine con ciò che nel profondo desiderava: la semplicità come condizione necessaria per stupirsi delle cose della vita. Credo che sia questa la ragione della sua attrattiva, rafforzata dal fatto che l’hanno amato soprattutto i bambini.
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