La vicenda è lunga, complessa e non può essere questa la sede per “risolverla”: eppure su Lucia Riina, la figlia del “Capo dei Capi” di Cosa Nostra, le polemiche e le critiche piovono e pioveranno ancora di più dopo gli ultimi due post su Facebook. L’origine di tutto l’abbiamo spiegata in questo altro articolo, e riguarda la richiesta respinta del bonus Bebè da parte di Lucia Riina che ha scatenato lo scandalo su due fronti. Da un lato chi ritiene che la figlia del capo Mafia siciliana non debba poter proferire verbo dopo quanto compiuto dal padre, e dall’altro chi invece ritiene che non è una cittadina come tutti gli altri ed essendo anche incensurata ha pieno diritto come tutti. Ebbene, qualche ora fa Lucia Riina pubblica un primo post su Facebook in cui annuncia, «Dal momento che la mia vita privata, oramai grazie alle istituzioni di questo paese ed alla stampa Italiana è diventata di dominio pubblico, per chi sa quali interessi, che con la mia piccola mente non capisco.Quindi la mia vita non mi appartiene più!!! me l’hanno presa!!! rubata!!! vogliono quella di mio marito, e non basta!!! vogliono pure quella di mia figlia, innocente e voluta da Dio. Allora con mio marito abbiamo deciso che tanto vale che ve la offriamo noi, così gratis, perchè io sono la figlia di Riina, non ho diritto a nulla, devo stare zitta , mi devo fare calpestare», affermando come d’ora in poi comunicherà solo sui social le varie richieste e notizie riguardo la sua vita.
Qualche ora dopo arriva un lunghissimo secondo post su Facebook dove la figlia del capo di Cosa Nostra, in carcere e in precarie condizioni di vita, attacca duramente lo Stato spiegando nel dettaglio i vari passaggi della respinta “assurda” contro la sua richiesta di bonus Bebè al Comune di Corleone (commissariato per Mafia, ndr). Il comune in pratica non avrebbe risposto in tempo sulla richiesta di domanda, salvo poi comunicare dopo intervento di un avvocato della famiglia Bellomo (il marito di Lucia, ndr) che l’utilizzo della legge era sbagliato e dovevano appellarsi ad un altra norma per il bonus “bimbo”. «Ma oramai i tempi erano stati abbondantemente sorpassati, si perche la risposta del comune è arrivata il 30 Maggio 2017, e nostra figlia aveva già sette mesi, peccato»: oltre a questo, l’accusa principale della donna è rivolta contro il Comune e contro lo Stato, insieme ai giornali e i media che ritengono “intoccabile e compromettibile qualsiasi coinvolgimento con la mia persona. Io sono la figlia di Totò Riina e quindi non ho diritto di esistere”.
Per questo motivo Lucia insieme al marito «tramite il nostro legale, CHIEDEREMO al PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, LA REVOCA della CITTADINANZA ITALIANA, e quindi dei DIRITTI COSTITUZIONALIi, sia per noi che per nostra figlia, così sarà chiaro a tutti ed al mondo intero come L’Italia politica e mediatica tratta i suoi figli, perchè sono BRUTTI, SPORCHI e CATTIVI». Qui però inizia un secondo capitolo non meno grave e che riguarda le repliche e risposte nei commenti sotto i due post di Lucia Riina, e qui si che la pelle si accappona: della donna infatti sarà la magistratura che dovrà stabilire se le è stato fatto un torto perché discriminata in quanto figlia di boss mafioso o se invece semplicemente non aveva diritto al bonus Bebè; ma dei commenti dei followers ci sono molte meno scusanti. «Non è necessario essere vergognarsi del proprio nome, essere orgogliosi. ogni uomo che fa le cose che lui o lei dovrebbero essere orgogliosi. Il Governo d’Italia ha da anni spogliata e trascurata la gente di Sicilia … nonostante tutto tuo padre ha un cuore grande. e spero che possa riposare un po ‘.»; e poi ancora, «Non ti curare di loro mia cara Lucia…fatti onore del cognome che porti …questa gente deve solo vergognarsi ». E la perla finale, «Ma scusate in tutto questo cosa centrano questi bambini la vera mafia e lo stato tantissimi auguri signora Lucia».
Traduciamo? La mafia è lo stato, e quel cognome in fondo non ha fatto poi così tanti danni… Lucia Riina in questo non c’entra nulla, sia chiaro, si tratta di chi pensa di fare un commento originale attaccando lo stato “cattivo” e difendendo la “sana tradizione mafiosa siciliana”, una cosa che anche solo a scriverla fa drizzare la pelle. Ceto, gli attacchi e le richieste di revoca della cittadinanza non aiutano, ma questo non toglie che commenti del genere mostrano come e quando ancora sia lontana l’educazione al senso civile e umano di un popolo che rischia di venire sempre di più “allontanato” dalla legalità e da raziocinio…