Un articolo pubblicato in questi giorni sul sito del settimanale Espresso, a firma del fondatore del quotidiano La Repubblica Eugenio Scalfari, sta creando non poche polemiche. Scalfari in questo pezzo intitolato “Atei militanti ecco perché sbagliate” prende di mira senza alcuna esitazione tutti quegli atei che secondo lui fanno del loro non credere in alcun Dio una sorta di battaglia contro le religioni, in modo intollerante e finiscono per diventare esattamente come i clericali, “perché la loro verità la proclamano assoluta”. Il giornalista, che si è sempre definito non credente, prende le distanze da queste persone: “Anche quelli che credono in una divinità (cioè l’esatto contrario degli atei) ritengono la loro fede una verità assoluta, ma sono infinitamente più cauti degli atei” dice. Le guerre religiose che hanno insanguinato il mondo per secoli, aggiunge, avevano dietro altri motivi: “politici, economici e sociali”.
A proposito degli atei militanti dice poi: ” Il loro ateismo proclamato vuole soddisfazione, perciò non lo predicano con elegante pacatezza ma lo mettono in discussione partendo all’attacco contro chi crede in un qualunque aldilà, lo insultano, lo vilipendono, lo combattono intellettualmente. È il loro Io che li guida e che pretende soddisfazione, vita natural durante, non avendo alcuna speranzosa ipotesi di un aldilà dove la vita proseguirebbe, sia pure in forme diverse”. Ma, oltre a credenti e atei, c’è una terza posizione, dice Scalfari, quella dei non credenti. Tra questi si inserisce anche lui e dopo una lunga analisi partendo dagli antichi greci, cita Eraclito come colui che esprime meglio questa posizione, quella del divenire continuo come l’acqua del fiume, che è la forma dell’Essere, “ma il suo scorrere è il Divenire”.
I non credenti, conclude “Non credono in un aldilà dominato da una divinità trascendente delle religioni e non credono al nulla nichilista e prepotente degli atei, il cui Io è sostanzialmente elementare; anche se dotato di cultura e di voglia d’affermarsi. In realtà è un Io che non pensa. Un Io che non pensa e non si vede operare e non si giudica. Così è un Io di stampo animalesco. Mi spiace che gli atei ricordino lo scimpanzé dal quale la nostra specie proviene”.