MAFIA CAPITALE/ Il bluff dietro la fiction: “la mafia a Roma non esiste”, cade l’accusa di 416 bis

- Emanuela Longo

Mafia Capitale, cos'è e come si è svolta la maxi inchiesta: a luglio la sentenza di primo grado che decreta la caduta del reato di associazione mafiosa per tutti gli imputati.

giustizia_mafia_processo_bunker_lapresse_2014 LaPresse

Il presunto legame esistente tra mafia, politica e imprenditoria a Roma portò intorno agli anni 2000 alla nascita dell’organizzazione denominata Mafia Capitale. E’ questo il termine che fu dato dagli inquirenti alle indagini, nell’ambito di un’inchiesta più ampia denominata “Mondo di Mezzo”. Quest’ultima espressione deriva proprio dalle parole di Massimo Carminati, ex Nar e personaggio di spicco della mala romana, a capo della nuova associazione criminale. Era così che, in una conversazione telefonica, definiva quel mondo “dove tutto si incontra”. “Allora nel mezzo, anche la persona che sta nel sovramondo ha interesse che qualcuno del sottomondo gli faccia delle cose che non le può fare nessuno…”, diceva. Proprio Carminati, insieme a Salvatore Buzzi, suo braccio destro e ad altre 37 persone (tra cui molti esponenti della politica romana), nel dicembre 2014 furono arrestati, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, usura, corruzione e una serie di altri reati. L’inchiesta proseguirà mettendo in luce una fitta rete di corruzione e svelando i rapporti tra criminalità organizzata e istituzioni romane. Alla base, la corsa ad aggiudicarsi appalti e finanziamenti pubblici. Nel giugno 2015, una nuova ondata di arresti fu messa a segno nell’ambito della maxi inchiesta Mafia Capitale, durante la quale per la prima volta il termine mafia andava ad accostarsi ad un’associazione criminale diversa dalla ‘ndrangheta, da Cosa Nostra o dalla camorra.

SENTENZA DI PRIMO GRADO: CANCELLATO IL REATO DI MAFIA

L’impatto che Mafia Capitale ha avuto su Roma è stato letteralmente devastante non solo da un punto di vista giudiziario ma anche politico. Furono proprio le intercettazioni e gli scritti di Buzzi a far tremare la politica romana sollevando al tempo stesso l’enorme attenzione mediatica. Lo scorso 20 luglio, dopo un maxi processo durato 2 anni e 240 lunghe udienze, si è giunti alla discussa sentenza di primo grado, durante la quale la Corte d’Assise si è espressa sul destino dei 46 imputati, a partire da Massimo Carminati e Salvatore Buzzi. Una sentenza che ha fatto discutere e che continua a farlo ancora oggi poiché, esattamente come avvenne ai tempi della Banda della Magliana, per il tribunale di Roma non esiste alcuna associazione mafiosa nella città eterna. Mafia Capitale, dunque, non ci sarebbe mai stata. Altro non è che una fiction. E’ questo il succo del verdetto della Corte d’Assise che ha emesso le condanne facendo decadere al tempo stesso, per tutti gli imputati – Carminati e Buzzi compresi – il reato di associazione mafiosa. Le condanne più severe sono andate a Carminati (20 anni) e Buzzi (19 anni) ma non per il 416 bis. Con il suo verdetto, la Corte d’Assise di Roma ha messo definitivamente la parola fine sul maxi processo Mafia Capitale. Con questo verdetto si è andato a cancellare il reato di mafia con soddisfazione degli avvocati dei due principali imputati e la grande delusione della procura che proprio ai due “capi” dell’organizzazione aveva chiesto 28 e 26 anni di reclusione.

“MAFIA CAPITALE NON ESISTE”

La mafia a Roma non esiste: sulla base di questa constatazione emersa con la sentenza emessa dai giudici della X sezione penale, le difese degli imputati a stento hanno trattenuto l’entusiasmo. A ribadirlo è stato anche l’avvocato difensore di Carminati che ha confermato, come riportava un articolo de Il Fatto Quotidiano dopo la sentenza dello scorso luglio: “Mafia Capitale non esiste”. Della stessa idea era ed è anche il legale di Buzzi, che dopo il verdetto commentò: “Abbiamo vinto, abbiamo sempre detto che la mafia a Roma non esiste e così oggi è stato dimostrato. Abbiamo liberato questa città da una mafia costruita”. L’idea di finzione, dunque, è stata sostenuta in aula e confermata dalla Corte d’Assise che ha sì riconosciuto un’associazione a delinquere, ma semplice e non di natura mafiosa, come invece sostenuto per lunghi mesi dalla procura. Con la sentenza decade al tempo stesso anche quell’intreccio mostruoso delineato dagli inquirenti e che vedeva politica, affarismo, criminalità comune e risorse pubbliche predate per milioni di euro. E se di fiction si deve parlare, quella di Canale 5, Squadra mobile – Operazione Mafia Capitale, si concentrerà proprio sulla fittissima rete di malaffare, corruzione e criminalità messa in luce dalla procura romana e che ha trovato il suo habitat nelle istituzioni, nel mondo economico ed in quello imprenditoriale della città eterna. Quella Mafia Capitale che per la Corte d’Assise non esiste nella realtà ma che per la fiction diventa l’obiettivo da combattere.





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