PADRE TOM UZHUNNALIL/ Liberato prete salesiano rapito nel 2016: “ho pregato per i miei carcerieri musulmani”

- Niccolò Magnani

Padre Tom Uzhunnalil, liberato il prete salesiano rapito in Yemen nel 2016: carcerieri musulmani, “ho pregato per i miei carcerieri islamici, Dio mi ha consolato”

prete_liberato_india_rapimento_tom__Uzhunnalil_facebook_2017 Padre Tom Uzhunnalil, prete liberato in India (Facebook)

È stato liberato il prete salesiano indiano rapito in Yemen nel marzo 2016 e Padre Tom Uzhunnalil ha già incontrato Papa Francesco: sono 4 giorni che è stato liberato dalle mani dei carcerieri – non pare dell’Isis, come si pensava, bensì forse dei criminali di Al Qaeda – e il prete salesiano ha voluto spiegare così l’anno e mezzo passato in terribile prigionia. «Ho pregato sempre», ha raccontato padre Tom a Famiglia Cristiana «per tutti, il Papa, le suore morte, la famiglia, coloro che sapevo avrebbero pregato per me, anche per i rapitori. Quando ero solo nella stanza celebravo messa spiritualmente. Alcune volte anche con le specie, perché mi avevano messo nel bagagliaio con il tabernacolo che avevano rimosso dalla cappella dove mi avevano prelevato – era un tabernacolo non attaccato al muro – e io ho potuto prendere cinque o sei ostie che erano lì.». Ha perso 30 chili, è segnato nel fisico ma miracolosamente non nello spirito, avendo consegnato l’intera durata del rapimento al «cuore di Dio, ero desideroso di essere felice e so che Dio non mi avrebbe deluso mai». È un missionario, e come tale ha offerto l’intero suo “sacrificio” alla testimonianza di Cristo pur dentro all’incubo della morte e della tortura.

“NON SAREI MORTO SE NON PER VOLONTÀ DI DIO”

«Pregavo ogni mattino ed ogni sera. Dio è stata la mia consolazione. La prima cosa che ho pensato è che non sarei morto se non fosse stata volontà di Dio. Mai sono stato maltrattato – ha aggiunto ancora Padre Tom – e i rapitori hanno provveduto anche a darmi le medicine che mi servono per il diabete. Grazie alle 230 compresse che avevo a disposizione riuscivo a tenere il conto dei giorni che passavano». Il missionario liberato non nasconde la fatica e la paura, ma non rivolge odio, non rivolge vendetta e non chiede “giustizia” umana per quanto gli è successo: «Non lo avevo mai visto, forse devo ringraziare questa vicenda per aver potuto incontrare il Vicario di Cristo. Il Papa mi ha baciato le mani, io mi sento indegno». L’umiltà della fede comunicata così, in pochi gesti, fanno di questo prete indiano salesiano un vero e proprio testimone di Cristo, testimone della verità del perdono che vince contro l’ignobile volontà di sopruso e sottomissione. «Siamo pieni di gioia e di gratitudine verso tutti coloro coinvolti nel processo per il rilascio di padre Tom, soprattutto il governo dell’India, del Kerala e tutte le persone di buona volontà, che hanno pregato per la salvezza e il rilascio di padre Tom», ha spiegato a Radio Vaticana il card. Isaac Cleemis Thottunkal, presidente della Conferenza episcopale dell’India.







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