Un processo senza imputata e, soprattutto, con il dubbio che la stessa imputata sia ancora in vita. Si è svolta martedì 19 settembre la seconda udienza del processo a Meriem Rehaily, la 21enne di origini marocchine che nel luglio del 2015 è scappata da Arzergrande, dove viveva con la famiglia, secondo l’accusa, per fuggire in Siria e arruolarsi con l’Isis. La ragazza, che secondo il legale della famiglia Andrea Niero sarebbe morta, è accusata di arruolamento con finalità di terrorismo internazionale. In Tribunale a Venezia, davanti al giudice Claudia Ardito, si sono ricostruiti alcuni passaggi relativi alla sua fuga, tra racconti che la dipingono come un’agguerrita terrorista (i militari dei Ros che rispondono anche alla Pm Francesca Crupi) e altri per cui, invece, la giovane sarebbe stata plagiata, come sostiene da sempre il padre. I Ros di Padova hanno ricostruito le tappe dell’inchiesta, spiegando come, secondo le informazioni in loro possesso, la ragazzina si sarebbe documentata con un “manuale” del terrorista sul web. Il padre, che dice di non sentire Meriem dal novembre 2016, ha ribadito la sua versione dei fatti. La prossima udienza si svolgerà il 31 ottobre: in quell’occasione verranno ascoltate le compagne della ragazza. La giovane rischia da cinque a dieci anni di carcere, anche se è lecito domandarsi cosa succederebbe se venisse condannata. Come riporta Padova oggi, l’avvocato Niero, che difende la presunta terrorista, resta scettico sull’iter, definendolo il “processo a un fantasma“.
“NON VEDO L’ORA DI PIEGARE UNO E TOGLIERGLI LA TESTA”
Secondo gli inquirenti Meriem avrebbe premeditato la sua fuga in Siria, prima aderendo alla cosiddetta cyber jihad come “soldato dell’esercito informatico“, già dal febbraio del 2015. In quei mesi avrebbe persino redatto una killing linst, con nomi di dieci dirigenti delle forze dell’ordine da uccidere. I primi sospetti sull’allora 19enne sarebbero sorti sui banchi di scuola: le maestre, infatti, avevano notato alcune idee estremiste nei temi svolti dalla studentessa e il preside aveva provveduto a segnalare la situazione ai carabinieri. La conferma sarebbe arrivata dai servizi segreti spagnoli, che avrebbero intercettato una conversazione telefonica tra lei e un reclutatore argentino su cui erano in corso accertamenti. Prima di queste intercettazioni un altro elemento inquietante era emerso dall’inchiesta, un messaggio inviato da Meriem a un’amica che commentava la foto di una decapitazione: “Non puoi immaginare quanto ho goduto ieri, non vedo l’ora di piegare uno e togliergli la testa“.
I GENITORI: “LE HANNO FATTO IL LAVAGGIO DEL CERVELLO”
I genitori della ragazza sostengono che la giovane sia stata plagiata via web, raccontando di come nell’ultimo periodo fosse strana: “scriveva con gli occhi chiusi era sempre al telefono, tornava da scuola e prendeva il telefono in mano”. In un’intervista rilasciata a maggio al Gazzettino, il padre, che ha sempre difeso a spada tratta la ragazza, aveva espresso timore riguardo alla possibilità che gli altri suoi figli possano venire danneggiati dalla storia di Meriem. Dichiarando di sapere per certo solamente che sua figlia sia andata via dall’Italia per arruolarsi con l’Isis, l’uomo aveva anche dichiarato di vergognarsi del gesto di sua figlia: «So che non è una bella cosa e me ne vergogno, ed è per questo sono preoccupato per gli altri miei figli che vanno a scuola in paese e hanno i loro amici. Non voglio che questa storia li danneggi». In quando a Meriem, il padre sostiene sia anche lei una vittima: «È stata plagiata. Le hanno fatto il lavaggio del cervello».