GIULIO REGENI/ #2annisenzaGiulio, al via le iniziative: scendono in piazza anche i genitori

- Raffaele Graziano Flore

Mentre in Italia ci si appresta a ricordare Giulio Regeni a due anni dalla scomparsa, il procuratore Pignatone accusa i servizi segreti egiziani: “Ucciso per le sue ricerche”

giulio_regeni_cartelli_verita_amnesty_lapresse_2017 Caso Regeni e G8 Genova: bufera su pm Zucca (LaPresse)

Ha preso il via nel tardo pomeriggio di oggi la “Camminata dei diritti”, marcia con la quale si aprono le iniziative in programma questa sera e partita dal piazzale antistante le scuole di Fiumicello, in provincia di Udine, paese natale del giovane ricercatore ucciso in Egitto. Lo scopo, come spiega l’agenzia di stampa Ansa, è ancora una volta quello di chiedere verità e giustizia per Regeni, a due anni esatti dalla scomparsa avvenuta mentre si trovava a Il Cairo. Il corteo è stato aperto bambini del Governo dei giovani del comune di Fiumicello, con addosso una bandiera arcobaleno. Presente anche la madre con la bandiera gialla e la scritta “Verità per Giulio Regeni”. Anche il premier Paolo Gentiloni ha voluto dedicare un pensiero al ragazzo con un tweet: “L’Italia non dimentica. L’impegno per la ricerca della verità continua”. Tante le fiaccolate che durante le manifestazioni promosse da Amnesty Italia sono state accese alle 19:41 in punto, ora in cui di Giulio si persero per sempre le tracce. (Aggiornamento di Emanuela Longo)

PIGNATONE: “UCCISO PER LE SUE RICERCHE, COINVOLTI ANCHE 007 EGIZIANI”

Non ci sono dubbi sul ruolo dei Servizi egiziani nella morte di Giulio Regeni, che è stato ucciso per le sue ricerche. Questa è la tesi del procuratore Giuseppe Pignatone, messa nero su bianco in una lettera inviata ai media. Il movente è dunque da ricondurre «alle attività di ricerca» e all’azione «degli apparati pubblici egiziani che già nei mesi precedenti avevano concentrato su Giulio la loro attenzione, con modalità sempre più stringenti, fino al 25 gennaio». Questi per il procuratore sono punti fermi. Nella lettera Pignatone parla di contraddittorie dichiarazioni dell’università britannica frequentata da Giulio Regeni. «I risultati di tali attività – anche di perquisizione e sequestro di materiale – a un primo esame sembrano utili e sono allo studio dei nostri investigatori», ha spiegato il procuratore, pronto a sollecitare l’attività degli inquirenti egiziani. Le risposte sono in Egitto: «Non possiamo immaginare di raccogliere fuori dall’Egitto elementi decisivi per la individuazione dei responsabili». Infine, evidenzia che «a collaborazione con i colleghi egiziani è un unicum nell’esperienza della cooperazione giudiziaria». (agg. di Silvana Palazzo)

NUOVO COLPO DI SCENA: UN TESTIMONE AVREBBE MENTITO

A due anni dal rinvenimento del corpo senza vita di Giulio Regeni, emergono nuove rivelazioni sul caso. Le ha anticipate L’Espresso, che svelerà i particolari della nuova scoperta domenica 28 gennaio, in occasione della sua nuova uscita. Le anticipazioni fornite però gettano nuove ombre su una vicenda a dir poco intricata: un testimone avrebbe mentito. Sono emersi dettagli inediti sul ritrovamento del cadavere di Giulio Regeni, una nuova versione che smentisce per l’Espresso il racconto dell’autista del bus. Questi fu fermato da un gruppo di persone che trasportavano un corpo la sera del ritrovamento del corpo del ricercatore. «Si qualificarono come poliziotti e lo costrinsero a fornire un resoconto concordato». Durante una deposizione l’uomo ha sostenuto di aver visto il corpo di un uomo seduto per terra, poi ha cambiato idea e dichiarato di non aver notato il cadavere, quindi ci ha nuovamente ripensato e ha giurato di essere rimasto accanto al bus, ma di aver intravisto le gambe. Ma, come riportato dal settimanale, da quel punto della carreggiata non si può scorgere nulla: il dislivello non lo consente. L’autista è entrato in confusione ed è arrivato a descrivere un tragitto diverso. Si scopre poi che aveva già parlato con la polizia, il 6 febbraio 2016. Di quel verbale però non c’è alcuna traccia… Un altro particolare risulta inquietante: il quartiere in cui è stato trovato il cadavere di Giulio Regeni è una zona già usata per far scomparire i sequestrati illegalmente. A meno di due chilometri c’è uno dei siti della Sicurezza Nazionale. (agg. di Silvana Palazzo)

GIULIO REGENI, VERITÀ LONTANA A DUE ANNI DALLA MORTE

Proprio alla vigilia delle iniziative che, nella giornata di oggi, ricordano in tutta Italia -e non solo- la scomparsa di Giulio Regeni (avvenuta nel 2016), sono emerse ieri importanti novità a proposito dell’indagine sulla sua morte che, tra lacune e molte polemiche, la Procura egiziana sta portando avanti parallelamente a quella omologa italiana. Stando infatti a quanto si è appreso da alcuni lanci di agenzia ribattuti nelle ultime ore, la stessa Procura ha emanato un breve comunicato nel quale bolla come “totalmente contraffatta” la lettera anonima che in precedenza era stata attribuita ai servizi segreti del Cairo e nella quale fino ad ora si pensava ci fosse la prova che il ricercatore friulano fosse stato arrestato dall’intelligence civile del Paese. Insomma, la missiva sarebbe falsa e viene fatto notare che di questa importante novità è stata subito informata la controparte italiana in quello che viene definito come un “quadro di fruttuosa cooperazione delle due parti”. Parole che, alla luce delle frizioni e dei presunti depistaggi del passato, potrebbero esere lette come l’ennesimo schiaffo all’Italia e, in attesa delle prime reazioni a questo importante aggiornamento, suona quasi beffardo come il comunicato sia arrivato proprio in concomitanza con il secondo anniversario del rapimento di Regeni.

IL MISTERO ATTORNO ALLA MISSIVA ANONIMA

Ma in cosa consiste questa missiva anonima che potrebbe rappresentare un elemento dirimente per risalire alle responsabilità di questo omocidio e capire quale ruolo abbiamo giocato il Presidente della Repubblica Abd al-Fattah al-Sisi e i servizi segreti egiziani? La lettera era stata inviata all’ambasciata italiana di Berna in Svizzera ed era stata attribuita al presidente dei Servizi di Informazione dell’Egitto e i cui destinatari erano gli 007 del Cairo. La data è del 30 gennaio 2016 e si legge dell’arresto della “summenzionata vittima” che viene riconosciuta come il cittadino italiano Giulio Regeni: inoltre, in calce, è presente anche il timbro della NSA, l’intelligence civile egiziana, ovvero la struttura che per prima aveva messo sotto osservazione il ricercatore friulano per le sue attività nel Paese. Le accuse che emergono dalla missiva che la Procura generale ha bollato come “falsa” parlano di spionaggio per conto dei servizi informativi britannici oltre che di partecipazione di Regeni a organizzazioni che miravano a destabilizzare l’Egitto e provocare disordini pubblici “in onccasione dei festeggiamenti per il quinto anniversario delle proteste di Piazza Tahrir”: infine, a margine della missiva c’è l’intero elenco degli effetti personali trovati addosso al “prigioniero”, oltre che un certificato medico che parla della totale assenza di lesioni, fatta eccezione per “una ferita sanguinante alla testa”. Nonostante le smentite che sono arrivate in queste ultime ore circa la sua attendibilità, la lettera secondo molti proverebbe che le torture evidenziate sul cadavere di Regeni sarebbero effettivamente attribuibili ai servizi di intelligence egiziani.

L’ANNIVERSARIO E L’HASHTAG #2ANNISENZAGIULIO 

Intanto, in attesa delle reazioni da parte italiana a quella che sembrerebbe una nuova provocazione da parte delle autorità egiziane, oppure un eventuale tentativo di depistaggio, nella giornata di oggi viene ricordato Giulio Regeni a due anni di distanza da quel 25 gennaio 2016, quando fu rapito e in seguito trovato morto alcuni giorni dopo in quello che, al momento, è ancora un omicidio senza alcun colpevole. Su iniziativa di Amnesty International, alle ore 19.41 (l’ora in cui il ragazzo fu visto per l’ultima volta), in decine di città italiane verranno accese delle candele per ricordarlo, mentre sui social network verrà lanciato l’hashtag #2annisenzaGiulio. Inoltre, in un comunicato a firma dello stesso Antonio Marchesi, presidente di Amnesty Italia, si spiega come “in questo secondo anniversario di lutto e di domande che la famiglia Regeni fa fa 24 mesi senza ottenere risposte, è fondamentale non consegnare Giulio alla memoria rinunciando a chiedere la verità”.





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