Il processo di secondo grado a carico dei fratelli Freddy e Debora Sorgato e di Manuela Cacco, tutti e tre imputati per il delitto di Isabella Noventa, si è concluso nel pomeriggio di ieri con l’attesa sentenza. I giudici della Corte d’Assise d’Appello di Venezia hanno ritenuto di dover confermare ai tre presunti assassini le medesime pene inflitte in primo grado, senza dunque mutare di una sola virgola il precedente verdetto. Trenta anni ai Sorgato, 16 anni e 10 mesi all’ex tabaccaia di Camponogara, la sola ad aver versato amare lacrime, sia dopo l’ultima arringa difensiva del suo avvocato che in seguito alla lettura della sentenza. I due fratelli, di contro, hanno mantenuto un atteggiamento di ghiaccio, inflessibili come sempre. Freddy, ex fidanzato della segretaria uccisa, ha accolto la sentenza con un sorriso beffardo, diversa la reazione della sorella Debora, che ha mantenuto un atteggiamento inflessibile dopo le parole del giudice. Le sole reazioni giungono per bocca del difensore della famiglia Noventa, l’avvocato Gian Maria Balduin, dal momento che il processo si è svolto a porte chiuse essendo un giudizio abbreviato e dunque non aperto al pubblico.
DELITTO ISABELLA NOVENTA: LE PAROLE DEL PROCURATORE
Confermata totalmente, in ogni sua parte, la sentenza di primo grado a carico dei tre presunti assassini di Isabella Noventa. L’emozione e la soddisfazione per l’avvocato Balduin, legale della famiglia della vittima che nel pomeriggio di ieri ha annunciato il verdetto d’Appello. Non ha parlato invece di soddisfazione il procuratore Giancarlo Buonocore che ai microfoni de Il Mattino ha dichiarato: “La soddisfazione non è il fonema giusto perchè un processo che porta con sé tanto dolore ci può essere solo la consapevolezza di aver fatto il proprio dovere”. Il procuratore aveva avanzato la richiesta di conferma delle pene inflitte in primo grado, accolta pienamente dai giudici dell’Appello ma ha ricordato come le vittime di questo triste caso siano due: Isabella Noventa e il sub che ha perso la vita nell’adempimento del proprio dovere, nel corso delle operazioni di ricerca del corpo della donna, mai di fatto trovato. Il procuratore ha anche ricordato il ragazzino di 13 anni, figlio di Debora Sorgato e che salvo differente decisione della Cassazione potrà riabbracciare la madre solo fra trenta anni, “c’è un carico di tristezza e dolore che è incompatibile con l’espressione soddisfazione”, ha chiosato.