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Home » Cronaca » SENTENZA MASSIMO BOSSETTI/ “Dna da rifare, ecco perché è innocente ma vogliono incastrarlo”

  • Cronaca

SENTENZA MASSIMO BOSSETTI/ “Dna da rifare, ecco perché è innocente ma vogliono incastrarlo”

Domani la Cassazione emetterà la sentenza sulla richiesta della difesa di Massimo Bossetti di ripetere l'esame del Dna ed eventualmente riaprire il processo. ALESSANDRO MELUZZI

Int. Alessandro Meluzzi
Pubblicato 10 Ottobre 2018
massimo_bossetti_01_facebook

Massimo Bossetti

SENTENZA MASSIMO BOSSETTI. Nel 2013 la Cassazione ha stabilito “il principio secondo il quale gli esiti dell’indagine genetica hanno natura di prova e non di mero elemento indiziario”. Dunque basta come unica prova per condannare una persona il Dna che, secondo quanto dichiarano gli esperti, “è certo pressoché al 100% (nemmeno i gemelli omozigoti hanno lo stesso DNA) sebbene il DNA umano sia uguale al 99% per tutti gli individui e la percentuale di differenza sia dello 0,1% per ognuno di noi”. Il caso Yara Gambirasio, in cui Massimo Bossetti è stato condannato in primo e secondo grado all’ergastolo, dovrebbe dunque essere chiuso per sempre, in quanto condannato con unica prova certa quella del Dna ritrovato sul corpo della ragazzina. Ma è davvero così? Non esattamente. Sempre secondo esperti di diritto e di Dna bisogna tener conto di almeno due elementi: “Il rilevamento della traccia biologica non permette di accertare quando la stessa è stata lasciata poiché il deterioramento è dovuto a diverse variabili e non solo al solo decorrere del tempo; il repertamento della traccia biologica non dice di per sé in quali circostanze la stessa è stata lasciata (durante l’esecuzione del reato o in altre circostanze?). Come si vede non hanno torto i difensori di Bossetti a chiedere un’ulteriore prova del Dna perché la certezza che sia lui l’assassino neanche il Dna può garantirla. Ne abbiamo parlato con il criminologo e psicologo Alessandro Meluzzi.


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Professore, lei è d’accordo, come ha sentenziato la Cassazione, che il Dna sia sufficiente come unica prova per condannare una persona?

Solo se è accertabile veramente come elemento fondamentale. La giurisprudenza in fatto di Dna viene dagli Stati Uniti, dove è stata applicata per la prima volta, ma negli Usa è inconcepibile che un esame non venga ripetuto. Quello che invece sta avvenendo in Italia con il caso Bossetti in America, patria del Dna, non sarebbe neanche immaginabile.


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Il principio di prova sufficiente dunque è accettabile?

Se viene fatto con tutti i carismi, se è ripetibile, se è inequivocabile può anche darsi che lo sia, ma non è il caso di Bossetti.

L’accusa sostiene che il test del Dna è già stato ripetuto numerose volte e che oggi è impossibile trovarne di nuovo per un altro test come chiede la difesa. Cosa ne pensa?

Se è stato ripetuto tante volte potevano tenerne un po’ per rifarlo in presenza della difesa. Difesa che lavora con genetisti di primissimo livello che sostengono che ci sono inesattezze evidenti come la mancanza del Dna mitocrondiale e la presenza di altri Dna mai identificati. Non si può emettere una condanna in queste condizioni. 


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Cosa significa che manca un Dna mitocodriale?

In realtà non è che manca, ma manca il profilo a cui fare riferimento. C’è un profilo mitocondriale che non è riconducibile a Bossetti e, allo stato degli atti, neanche a Yara. Non è possibile stabilire se sia di uomo o di donna. Il profilo mitocondriale di Bossetti invece manca, non è mai stato ricostruito interamente perché l’accusa ha deciso che quanto si era trovato era sufficiente. 

Perché secondo lei tanta ostinazione a non voler ripetere l’esame?

E’ stato detto che è stata trovata una quantità abbondante di Dna, qualcuno ci spieghi dove è finita tutta questa abbondanza. Una traccia biologica comporta necessariamente il suo nucleare e il suo mitocondriale. E’ vero che può bastare il nucleare come si è fatto, ma se analizzandola risulta diverso, come è il caso del mitocondriale trovato, allora significa che c’è qualcosa che non va.

Oltre al Dna, l’accusa sostiene anche l’esistenza di tracce indiziarie, come la terra trovata sotto gli scarponi di Bossetti che sarebbe quella del cantiere di Mapello.

Il cantiere è proprio il luogo dove non si è mai voluto guardare, il luogo dove erano arrivati i cani molecolari perché avevano fiutato le tracce dell’assassino. Il cantiere di Mapello è dove è stato chiuso il capitolo ricerche e dove secondo me si sarebbe invece trovato il colpevole. 

Ci sono altre tracce indiziarie…

Il furgone ripreso dalle telecamere si è rivelato una sòla.

E dell’intercettazione telefonica della moglie che dice a Bossetti che gli ha mentito, che lui quella sera non era a casa e che non le ha mai detto dove era andato?

Possiamo girarla come vogliamo, ma al di là di questa specie di contaminazione — si è detto anche che il Dna non vola, invece vola — c’è la volontà di incastrare Bossetti. Verrà condannato perché è un muratore bergamasco padre di famiglia, quindi un cittadino di seconda classe. Se fosse stato uno spacciatore nigeriano sarebbe già fuori, non gode delle garanzie elementari di cui gode un migrante.

Un capro espiatorio?

Sì, ma un capro espiatorio preso tra quelli sacrificabili, Bossetti appartiene a questa categoria.

Che previsioni fa per la sentenza della Cassazione?

Spero che la giustizia italiana non si macchi di questa nefandezza. lo ritengo Bossetti assolutamente innocente. Sul corpo di Yara ci sono impianti piliferi, altri Dna, è inspiegabile ci sia solo il Dna di Bossetti a essere stato identificato. Cosa sia accaduto davvero non lo sapremo mai, si è voluto indagare su 20mila test a strascico, abbiamo avuto un ministro degli Interni che a tg unificati ha annunciato che era stato arrestato il colpevole: una cosa del genere non si era mai vista.

Tags: Massimo BossettiAlessandro Meluzzi

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