Proseguono le ricerche del corpo di Manuel Careddu, il 18enne ammazzato da cinque suoi coetanei per un debito di pochi euro, e poi gettato nel lago. I responsabili, già arrestati, si rifiutano di rispondere alle domande dei carabinieri, che stanno comunque raccogliendo indizi importanti grazie alla cimice piazzata nell’auto di uno dei cinque, per un’inchiesta sul padre di uno di loro per un omicidio avvenuto l’anno prima. «Spariamo alla madre, la prossima volta che mi va a denunciare le stampo un proiettile in testa». Registrazioni a dir poco sconcertanti quelle emerse, con uno dei responsabili che si diceva pronto ad ammazzare anche la mamma di Careddu. Ed in effetti quest’ultima è risultato un personaggio chiave per la vicenda, e quindi scomodo per i cinque imputati, visto che sarebbe stata proprio lei a sollecitare le ricerche del figlio e a indirizzare gli investigatori sulla giusta pista, conoscendo le cattive compagnie frequentate dal 18enne. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
LE PAROLE DELLA MADRE
Un ragazzo morto, Manuel Careddu, e una mamma distrutta dal dolore che trova la forza per lanciare un appello e chiedere ai genitori dei ragazzi finiti in carcere per l’omicidio del figlio di convincerli a parlare. «Dove sono i loro genitori? Proteggono solo i loro figli assassini e non hanno un pensiero per me? Provino a pensare che io sono qui che non aspetto di sapere se mio figlio è vivo, ma di sapere dove sono i suoi resti. Abbiano almeno loro un briciolo di coscienza, li convincano a parlare», così Fabiola Balardi, come riportato da La Nuova Sardegna, aveva lanciato il suo disperato appello. Il cadavere di Manuel, ammazzato a colpi di pala sulle rive del lago Omodeo la sera dell’11 settembre, non si trova. E nessuno della baby gang che lo ha ucciso rivela dov’è, quindi proseguono le ricerche. Qualcosa però si sta muovendo: alla caserma dei carabinieri di Macomer sono arrivati i genitori di Riccardo Carta, uno dei giovani arrestati. Vorrebbero incontrare Fabiola Balardi, che aspetta solo di sapere dove sono i resti del figlio per regalargli una tomba su cui piangerlo.
MANUEL CAREDDU, RICERCHE DEL CORPO NEL LAGO OMODEO
I cinque arrestati per l’omicidio di Macomer stanno raccontando frammenti di verità agli inquirenti, ma l’unica cosa certa è che il ragazzo è stato ucciso per un debito di droga. La sua colpa è stata essersi presentato a casa della 17enne per riscuotere i soldi delle vendite dello spaccio. Sarebbe stato troppo invadente, quindi la ragazza avvisa un amico e l’episodio diventa di dominio pubblico all’interno della piccola cerchia di amici. I cinque cominciano a tramare nell’ombra sino al giorno della messinscena che porta al delitto. Potrebbero però essersi fatti scappare qualcosa con qualcuno che non ha fatto parola in giro. Lo sospettano gli inquirenti. Intanto le strategie degli avvocati difensori sono diverse: c’è chi procede con dichiarazioni spontanee, chi si fa interrogare rispondendo a domande precise ed escludendo dirette responsabilità nell’omicidio. C’è chi spiega che non pensava che gli amici sarebbero arrivati a tanto e che tutto si sarebbe concluso con una lezione. Invece gliel’hanno fatta pagare nel peggiore dei modi.