LAMEZIA. Come si sta nell’occhio del ciclone? Si sta come dice il proverbio: in una calma surreale. Ero nella tragedia ma non me ne accorgevo. La sera in cui Stefania Signore e il figlio di 7 anni vengono travolti dal maltempo a Lamezia Terme (ma anche per l’altro figlio di 2 anni, disperso mentre scrivo, si prevede il peggio), io sono lì, nel comune calabrese, per un evento culturale. Piove a dirotto e ci si rammarica che la gente presente sia poca ma è solo perché nessuno sa che l’intera Calabria è sommersa dal fango. Poi, finito tutto, esci dalla bella sala e ti accorgi che le strade sono come torrenti in piena. La mattina dopo porta solo qualche goccia con sé, e così mi avvio verso Falerna dove parteciperò per tre giorni alle celebrazioni della Madonna del Rosario, festività sentitissima che richiama in Italia gli emigranti calabresi da tutto il mondo, anche dall’Australia.
Mentre mi metto in viaggio in auto, scopro che Stefania Signore era proprio di Falerna. Me lo dice chi guida quando, passando sotto un cavalcavia, ci troviamo improvvisamente con l’acqua alta quanto le ruote. “Ecco – mi dice – questa notte una signora coi due figli si è trovata in questa situazione ma purtroppo, presa dal panico, ha cercato scampo commettendo l’errore di uscire dalla macchina”.
Così, bagnato dalle lacrime e dalla pioggia, entro nella tragedia vera: che non è quella di una sala conferenze mezza vuota, ma della vita che ti viene strappata dalla pioggia. Lacrime di rabbia, non solo di dolore, perché siamo in Italia, non in Amazzonia, e in Calabria le piogge torrenziali ci sono sempre state, ma solo da qualche anno, regolarmente, ci scappa il morto. Anzi, i morti.
I motivi dei morti sono tanti ma, fra tanti, ne vanno segnalati due: la crescita dell’abusivismo e la mancanza di manutenzione delle fogne, dei sistemi idrici e delle strade. Lamezia Terme attualmente è sotto commissariamento, ed è la terza volta in una quindicina d’anni. La recente misura del Consiglio dei Ministri è scattata a novembre 2017, e la motivazione parla di “infiltrazioni mafiose”: la stessa motivazione delle altre due volte.
Per dare un’idea della situazione, la terna commissariale quest’anno ha bloccato quasi tutti gli impianti sportivi e i teatri perché nessuno di essi rispettava le norme di sicurezza. La colpa della tragedia di oggi, quella che mi ha sfiorato, non è il maltempo – non c’è nulla di strano che a ottobre piova, anche in maniera impetuosa – ma il fatto che un’intera regione sia “fuori norma”.
“E domenica prossima durante la processione della Madonna del Rosario, pioverà?” chiedo a una signora dopo che mi hanno raccontato tutto questo. Mai. Mi risponde, ferma. Prima e dopo sì, ma durante la processione mai. La Madonna è proprio come la brava madre, penso io. Che è contenta quando, la prima volta, il figlio discolo non viene interrogato, ma che si addolora quando si accorge che il figlio, invece di imparare la lezione e diventare diligente, ne approfitta e non prende in mano la propria esistenza. Non affronta il “chi è” della propria vita e non si decide a tracciare la propria strada e a percorrerla con dignità. Senza pensare che sia normale, nel duemila in Italia, morire di pioggia. Un paese dove i ponti crollano e le autocisterne, in autostrada, diventano bombe. E mi fermo a quest’estate.