Un uomo è stato scarcerato a Pavia grazie ad una lettera che è stata aperta dopo 13 anni. L’aveva scritta il suo compagno prima di suicidarsi nel 2005. Era un grido di innocenza in una busta sigillata che è stata conservata in una stazione dei carabinieri. Ora che è stata aperta, i giudici hanno tirato fuori il compagno, che era stato condannato definitivamente per concorso in violenze sessuali nel 2002 sulla nipotina di quattro anni. La Procura generale di Milano, competente sull’esecuzione della pena del detenuto, ha ricevuto dalla II Corte d’Appello di Brescia l’ordine di sospendere subito l’espiazione e liberare il condannato fino a quando la Corte non deciderà nel merito l’istanza straordinaria per un giudizio di revisione della condanna. L’ha presentata il difensore Guglielmo Gulotta. Il presidente Deantoni, la giudice relatrice Milesi e il consigliere Vacchiano ritengono che la lettera e la proposta di nuovi test di neuroscienze, oggi ancora controversi ma che 15 anni fa comunque non esistevano, fanno «apparire non infondato il rischio che il condannato protragga l’espiazione di una pena che potrebbe rivelarsi ingiusta».
SCARCERATO GRAZIE A UNA LETTERA APERTA DOPO 13 ANNI
Questo processo passa dunque ai “tempi supplementari”. L’imputato era stato assolto in primo grado con rito abbreviato a Busto Arsizio dall’accusa di aver concorso nelle violenze sessuali, fotografandole, assertivamente commesse dal suo compagno sulla figlia della sorella. In Appello però i giudici ribaltarono l’assoluzione in condanna, a sua volta annullata nel 2010 dalla Corte di Cassazione con un rinvio ad un nuovo giudizio di secondo grado. Ma la Corte d’Appello bis condannò nuovamente l’imputato, e al secondo passaggio in Cassazione è stata confermata la sentenza di colpevolezza, rendendo definitivi quattro anni di condanna. Un’altalena di verdetti, ricostruita dal Corriere della Sera, basati sulle differenti valutazioni dei consulenti tecnici sull’affidabilità scientifica o meno dei ricordi della bambina, visto che dalla perquisizione a casa non era emerso materiale pedopornografico, e negativo era stato anche l’esito della perizia sulla pellicola inserita nella macchina fotografica sequestrata. Il fine pena era previsto nel 2020, ora una nuova svolta, grazie alla lettera recuperata da uno degli avvocati in una stazione dei carabinieri. Nella lettera lo zio della bambina prima di suicidarsi scrive: «Quello che posso dire è che non ho fatto niente di così schifoso. Sono innocente, che mi crediate o no». E chiede perdono al suo compagno per un gesto «aberrante» che lo lascerà da solo: «Mi sento in colpa solo verso di lui, che ho tradito, solo per questo».