Sta facendo discutere non poco la sentenza che ha dato ragione ad Ikea sul licenziamento in tronco di Marica Ricutti, la mamma di un figlio disabile che ha perso il lavoro dopo aver chiesto maggiore flessibilità, senza ottenerla, sugli orari di lavoro e aver fatto sostanzialmente di testa propria presentandosi in azienda seguendo il precedente calendario. Un anno fa la vicenda destò molto clamore, suscitando la reazione dei sindacati e dei colleghi, che decisero per lo sciopero in segno di protesta contro il suo licenziamento. In uno di questi presidi, in lacrime, Marica diede la sua versione dei fatti:”In diciassette anni ho dato la mia vita per questa azienda. Ho avuto dei problemi, ho chiesto solo che mi venissero un po’ incontro, non ho chiesto altro. Sono una lavoratrice e voglio che certe cose non accadano più, siamo dei lavoratori, io voglio lavorare ma abbiamo tutti noi una vita che al di là del lavoro va comunque tenuta in considerazione”. (agg. di Dario D’Angelo)
GIUDICE, “LICENZIAMENTO NON DISCRIMINATORIO”
Non c’è nulla di discriminatorio nel licenziamento di Marica Ricutti, la mamma con un figlio disabile che ha perso il lavoro ad Ikea dopo aver chiesto – senza ottenerlo – di avere degli orari più flessibili e che di fronte al diniego dell’azienda ha iniziato ad arrivare scientemente in orario. Come riportato dall’Ansa, il giudice si è rifatto integralmente all’ordinanza con cui aveva respinto la richiesta di reintegro, sottolineando che i suoi comportamenti erano stati “di gravità tali da ledere il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore”. Il magistrato ha comunque deciso di compensare le spese nel procedimento “in considerazione della particolare condizione delle parti, del fatto che la lavoratrice abbia seguito la vecchia turnazione anche in ragione del consiglio avuto dalla sindacalista (era uno degli argomenti del ricorso, ndr.), e la frase ingiuriosa sia stata resa in un contesto di obiettive difficoltà familiari e lavorative” (la donna è separata e madre di due figli uno dei quali invalido). (agg. di Dario D’Angelo)
CGIL ANNUNCIA RICORSO
La vicenda del licenziamento da parte dell’Ikea di Corsico di Marica Ricutti ha scosso il mondo del lavoro, e creato soprattutto un caso in cui si è temuto che la vicenda di una madre di un figlio disabile passasse in secondo piano rispetto ai rigidi regolamenti aziendali. Secondo il giudice del lavoro non c’è stato atto discriminatorio nei confronti della Ricutti, ma la storia potrebbe non aver visto scritta ancora la parola fine. La CGIL Milano, infatti, attraverso il segretario generale della Filcams, Marco Beretta, ha affermato come il sindacato sia pronto a fare ricorso a sostegno di Marica Ricutti: “Siamo al primo grado di giudizio. Ricorreremo in appello perché rimaniamo convinti che il licenziamento sia un atto sproporzionato ed ingiusto”. Secondo la CGIL non è stata considerata la vicenda personale della Ricutti e le sue personali esigenze, non riconosciute dall’azienda, nello sviluppo della sentenza. (agg. di Fabio Belli)
“IKEA NON HA DISCRIMINATO LA LAVORATRICE”
La sentenza del giudice del lavoro che ha licenziato Marica Ricutti, ex dipendente Ikea e madre di un figlio disabile, evidenzia come da parte della multinazionale svedese non ci sia stato comportamento discriminatorio. Il giudice ha rilevato come: “La difesa della ricorrente non ha apportato elementi ulteriori rispetto a quelli allegati nella prima fase e la ricorrente non ha fornito gli elementi di fatto “precisi e concordanti” idonei a fondare la presunzione di licenziamento discriminatorio basato sul fattore protetto genere o maternità. Tale minimo onere probatorio è richiesto dalla costante giurisprudenza. non si può che riproporre i rilievi già esposti circa la complessiva condotta di Ikea informata al pieno rispetto delle esigenze familiari della ricorrente, confermato sia dalla carriera della madre Ricutti in azienda sia dal tentativo di accogliere la maggior parte delle richieste operate dalla lavoratrice in tema di orario.” Motivazioni che hanno escluso la possibilità che il licenziamento della Ricutti possa essere stato denigratorio. (agg. di Fabio Belli)
“NON RISPETTAVA TURNI”
Alla fine Marica Ricutti, la mamma ex dipendente di Ikea licenziata un anno fa perché non rispettava i turni di lavoro, vede il giudice del lavoro darle torto appoggiando invece la decisione dell’azienda svedese. A Milano il giudice ha infatti confermato oggi il licenziamento della donna per «fatti disciplinari»: separata, madre di due figli piccoli di cui uno disabile, aveva richiesto all’Ikea di Corsico dove lavorava una maggiore flessibilità sugli orari di lavoro. Non concessi, aveva cominciato ad arrivare in ritardo senza riuscire a rispettarli appieno: da qui il licenziamento e la causa intentata dalla Ricutti contro la multinazionale dell’arredo. La mamma lavoratrice riteneva che il licenziamento fosse denigratorio e chiedeva per questo risarcimento del danno e reintegro in servizio. Il giudice invece ha confermato la decisione dello scorso aprile, «i fatti disciplinarmente rilevanti contestati dalla datrice di lavoro sono pienamente confermati».
IL COMMENTO DI IKEA: “NOI SIAMO STATI CORRETTI”
In difesa della donna licenziata erano scesi in piazza alcuni suoi colleghi e diversi scioperi del personale Ikea avevano provato a far sollevare la protesta fino alle cronache nazionali: ci erano riusciti ma secondo il giudice del lavoro i motivi addotti dalla madre del bimbo disabile non sono sufficienti per dar torto all’azienda svedese. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, il giudice milanese ha fatto espliciti riferimento al contratto nazionale di lavoro della categoria: «l’insubordinazione verso i superiori accompagnata da comportamento oltraggioso, nel caso di Marica Ricutti, l’accertata frase pronunciata ad alta voce nei confronti di una superiore, “mi avete rotto i c…”, integra gli estremi del comportamento oltraggioso e la difesa della ricorrente non ha introdotto ulteriori elementi per modificare il giudizio quanto alla proporzionalità del provvedimento espulsivo». Positivo il primo commento dell’Ikea, secondo cui il giudice «riconosce che abbiamo avuto un comportamento corretto e rispettoso della legge»: secondo l’avvocato di Ikea, sentito dall’Ansa, «il licenziamento è avvenuto per giusta causa e motivato da gravi fatti documentati. Questa sentenza, per la seconda volta, smentisce le speculazioni e le ricostruzioni di parte dei mesi scorsi».