Mettere una bomba a San Pietro la notte di Natale? Si può fare se Allah lo vuole e serve alla causa. È uno dei particolari agghiaccianti che emergono dalle intercettazioni riportate negli atti giudiziari che hanno portato al fermo del 20enne somalo Mohsin Ibrahim Omar, noto come Anas Khalil, arrestato a Bari nei giorni scorsi per associazione con finalità di terrorismo, istigazione e apologia del terrorismo: il tutto aggravato dall’uso del mezzo informatico e telematico dove rimbombavano motti come: “Mettiamo bombe a tutte le chiese d’Italia”.
Ma non si era sempre detto che l’Italia era una sorta di piattaforma per il transito dei terroristi verso il nord Europa, e che quindi dovevamo stare tranquilli? Chi ha letto l’intervista a Stefano Piazza, esperto di sicurezza e terrorismo, sa che il cambiamento delle politiche migratorie deciso dal Governo – per alcuni, del tutto giustificate – potrebbero dar vita a casi di persone che agiscono sul nostro territorio con attentati per una sorta di vendetta. A oggi il pericolo è più concreto anche se, tuttora, vantiamo forse la miglior intelligence d’Europa.
Il respiro di sollievo per lo scampato pericolo grazie al fermo ai danni di Khalil, è profondo. Purtroppo però il pericolo è solo “scampato” e non eliminato. Perché un ragazzo ventenne che vive in Italia è in grado di covare tanto astio contro di noi? Perché sembra essere del tutto alieno a ogni possibilità di integrazione e di dialogo col nostro Paese? Se questo meccanismo è scattato in questo giovane, quanti saranno quelli come lui? Perché accade che sempre più spesso tante persone restino come delle monadi incapaci di parlare con chi hanno attorno?
Nei brani di conversazione che gli inquirenti di Bari hanno diffuso si capisce che fin dal 1º dicembre i potenziali attentatori stavano ragionando con progettualità operative. «Mamma mia… ecco la Chiesa», dice Anas Khalil aprendo con ogni probabilità sul display del proprio smartphone la foto di San Pietro. «Però non è facile – gli risponde un interlocutore – sai com’è, là il 24 e il 25 a Natale, che sta Papa, e tanta gente, è pieno pieno pieno». «È buono – dice il 20enne somalo – persone… pericoloso, è buonissimo». A quel punto la Digos ha deciso che «non c’era più motivo di aspettare».
La Puglia, nel passato, era la terra del Regno normanno. Dove cioè cultura nordica, araba, cristiana si fondevano insieme dando all’umanità fulgidi esempi di arte e cultura. Ben vengano le strette governative e l’acuminarsi delle attenzioni dell’intelligence, però non smettiamo di chiederci perché la cultura di un tempo non avviene quasi più: invece, sempre più spesso si sente parlare di un “noi” contro di “loro” che contrappone la cultura musulmana a quella cristiana e viceversa. Un giovane islamico fanatico è in grado, attraverso internet, di localizzare chi la pensa come lui e di indottrinarlo o di farsi indottrinare fino a progettare la follia degli attentati.
A questo punto è necessario difendersi e ringraziare la forze dell’ordine, ma senza dimenticare le origini del problema. Che sono il non trovare risposta alla domanda sul perché non sappiamo più fare quanto si è fatto per secoli: integrare, accogliere, armonizzare culture diverse. Esacerbare gli animi dà solo forza al fondamentalismo, islamico e non solo. Ed è questo che conduce alla morte.