Caro direttore,
l’altra sera sono andato a teatro a vedere Paolo Cevoli, il quale nel bel mezzo dello spettacolo ha fatto un esempio molto divertente sulla mela di Adamo ed Eva. In pratica si è immaginato che lo “stagista” che ha dovuto mettere per iscritto l’episodio della mela di Eva, alzando la mano abbia chiesto ai sommi sacerdoti: “Ma se Dio non voleva che Adamo ed Eva mangiassero quella mela, perché ha messo lì quell’albero?”. Il pubblico è stato d’accordo (sta storia della mela di Eva ci sta a tutti un po’ sui maroni) e ha applaudito con energia seguendo passo passo le battute di Cevoli.
Per far comprendere ancora meglio, il comico ha rincarato la dose con un nuovo esempio: i genitori che comprano un barattolo di Nutella enorme e uscendo di casa raccomandano i figli di non aprire quel barattolo… Cevoli ha lanciato uno sguardo alla sala dentro il quale c’è già tutto. Il pubblico lo sapeva, aveva già capito, ma necessitava del colpo di grazia, che arrivava immancabilmente: “I bambini ci si tufferanno dentro”, ha esclamato Cevoli con tanto di gesto del tuffo. Apoteosi del pubblico, la sala era in visibilio. Tutti avevano capito l’incoerenza del messaggio, anche chi non ha dei bambini. A volte abbiamo bisogno di sentirci un po’ delle patacche (come dice Paolo Cevoli) per capire la responsabilità e le conseguenze di alcuni nostri gesti, soprattutto nei confronti dei figli.
A fine spettacolo ho brindato con spumante e panettone con un Paolo Cevoli ormai uscito dal personaggio. Mi sono presentato e mentre parlavamo ho aggiunto un pezzo al suo monologo: “Pensa che tra pochi giorni è Natale e stole di genitori riempiranno le nostre case con ogni mela (morsicata) possibile e immaginabile e rivolgendosi ai figli diranno loro: ‘Tu queste cose non le puoi usare perché ti fanno male’”! A quel punto Cevoli ha alzato lo sguardo stanco dal calice e col suo inconfondibile accento romagnolo mi ha detto: “Che figata che siamo così dei cogl..ni va là, che così possiamo ancora migliorare”. Gli ho raccontato della mia videorubrica “Rimbambire i bambini con la tecnologia”, è tornato serio e mi ha detto: “Bellissimo!” Ci siamo scambiati i contatti e ci siamo salutati.
Tornando verso casa ho ripensato alle mie e alle sue parole, al fatto che finalmente è Natale e che avremo più tempo per stare insieme ai nostri figli. Ho pensato che finalmente riusciremo a portarli sulle piste da sci e vivere insieme a loro delle esperienze belle. Che anche nella nostra casa ci sono dei dispositivi tecnologici e che, almeno in questi giorni, potremo metterli da parte per un po’, non perché facciano male, ma perché i nostri figli possano vedere che il mondo è bello anche fuori dai dispositivi, e che è bello anche grazie ai dispositivi che ci permettono di fare tante cose.
Ho pensato che loro desiderano l’arrivo del Natale molto più di noi e che non dobbiamo correre la tentazione di regalargli giochi, attività o esperienze prima ancora che le desiderino, perché possano continuare a desiderare l’arrivo del Natale anche da adulti. Ho pensato a mio figlio che per Natale ha chiesto un tablet che non riceverà, perché non è ancora pronto a gestire da solo un device tutto suo; abbiamo ancora bisogno di usarlo insieme prima che possa farlo da solo. Ho pensato alla responsabilità che noi genitori abbiamo nei confronti dei nostri figli e a come essere un genitore migliore e alla fine, quando ero ormai quasi sotto casa, ho pensato che i bambini non abbiano bisogno che diciamo loro cosa fare e cosa non fare, ma che abbiano bisogno di vederci rientrare a casa la sera contenti. Contenti per com’è andata a lavoro anche se è stata una giornata faticosa, contenti di essere stati a teatro a vedere una cosa bella, contenti di esserci e delle sfide che dobbiamo affrontare in questo periodo storico nella crescita e nell’educazione nostra e dei nostri figli, contenti che loro ci siano e con la speranza ancora viva di un futuro buono anche per loro.
Poi sono arrivato in casa, era tardi, non volevo far rumore per non svegliare nessuno, ma appena ho varcato la soglia mio figlio Filippo era lì, con la faccia rossa. Aveva la febbre e non riusciva a dormire. Era appena uscito dalla camera ed era lì. Si è avvicinato e mentre avevo ancora il cappotto e le chiavi della macchina in mano si è aggrappato alla gamba e mi ha detto: “Papi, mi sei mancato”.
Buon Natale anche a voi.