Sono tante le tappe e gli aneddoti circa la straordinaria carriera artistica di Fabrizio De André, ma uno dei momenti peggiori è quello della contestazione da parte degli autonomi durante un concerto al Palaeur di Roma. Era il 23 gennaio 1979: all’epoca i contestatori gli gridarono “venduto”, un episodio tra l’altro citato brevemente nel film Principe libero e ricostruito da Spettakolo. Quello era uno degli ultimi concerti: i primi fischi arrivarono mentre stava cantando Il testamento di Tito. “Non è il caso di fare delle dicotomie. Vi dico la verità, ci ho pensato bene, è da parecchio che ci penso, e credo che non ci siano idee buone e idee cattive, fatti umani buoni, fatti umani cattivi. Ci sono dei fatti umani che dalla maggioranza vengono definiti buoni e fatti umani che da una minoranza vengono definiti cattivi. Io credo che se loro hanno voglia di fare casino è giusto che lo facciano”, disse Fabrizio De André. Poi cominciò a cantare Amico fragile, ma le urla e i fischi proseguirono. I contestatori gli gridano anche “venduto”, suscitando la reazione dei fan, quindi la situazione precipita. “Fabrizio cercò di sedare il tumulto che stava per scatenarsi tra chi tra chi lo voleva ascoltare e chi contestava, arrivando a prendere quasi le difese di questi ultimi, dicendo che se volevano fare casino, in fondo era anche giusto che lo facessero. E continuò a cantare”, ha raccontato Dori Ghezzi. (agg. di Silvana Palazzo)
RAPIMENTO: I DIALOGHI COL MANDANTE, UN DIRIGENTE PCI
La storia del rapimento di Fabrizio De André è sempre stata trattata dal cantautore genovese con estrema lucidità e serenità. De André ha sempre affermato di essere stato trattato con dignità dai suoi rapitori, nonostante il momento difficile e le conseguenti tensioni. Vennero scoperti anche i mandanti del rapimenti che tramite l’anonima sarda ordirono il piano criminale. Curiosamente, ebbero pene meno severe degli esecutori materiali del rapimento, principalmente pastori sardi, poiché divennero collaboratori di giustizia. In particolare un assessore comunale sardo del PCI ebbe modo di discorrere anche con De André durante il periodo del sequestro, con De André che raccontò come si trovò anche a discutere di politica con lui. Il cantante non dimostrò mai rancore verso i suoi carcerieri per il rapimento, spiegando: “Noi ne siamo venuti fuori, mentre loro non potranno farlo mai.” (agg. di Fabio Belli)
LA SCOPERTA DELLA MALATTIA
La morte di Fabrizio De André fu un fatto privato. Del quale solo successivamente la famiglia svelò alcuni particolari, quando alle 2.30 del mattino dell’11 gennaio del 1999, De André si spense presso l’Istituto dei Tumori di Milano, con la fianco la sua Dori Ghezzi e la figlia Luvi. A tradirlo, un tumore a un polmone che venne scoperto già in stadio avanzato, qualche mese prima in particolare in agosto quando, prima di un concerto a Saint Vincent, De André fu colto da strani disturbi. Non riusciva a coordinarsi durante le prove con la chitarra al collo, sentiva fortissimi dolori al torace e non riusciva a proseguire a suonare, tanto che lasciò le prove stizzito e il concerto venne annullato. La diagnosi fu impietosa dopo i successivi controlli medici, carcinoma polmonare in stadio avanzato.
“INVIDIA PER UN FUNERALE”
Il figlio Cristiano raccontò come inizialmente la famiglia sperò di poter contare su cure che si dimostrarono inutili, visto lo stato della malattia che rese Fabrizio De André impossibilitato a lavorare e costretto al ricovero in ospedale già a dicembre, dal quale uscì solo il giorno di Natale per stare con la famiglia. Poi la morte e la grande commozione al funerale, con tanti amici e una sciarpa del Genoa, sua grande passione, nella bara, assieme a un pacchetto di sigarette. Una malattia che forse fu causata anche dal vizio del fumo, con De André che quando il padre morì smise di bere proprio per una promessa richiesta dal genitore, ma non riuscì a dare un taglio alle sigarette. De André venne cremato, con Paolo Villaggio, suo fraterno amico, che disse: “Per la prima volta ho avuto invidia di un funerale”, tanto fu l’affetto che De André riuscì a raccogliere attorno a sé per l’ultimo saluto.
IL RAPIMENTO, LA SERA DEL 27 AGOSTO 1979: DURO’ 4 MESI
La malattia fu un’altra durissima prova che De André dovette affrontare assieme al rapimento da parte dell’anonima sequestri sarda assieme alla sua compagna Dori Ghezzi, la sera del 27 agosto 1979. Una prigionia durata ben quattro mesi, fino al 22 dicembre dello stesso anno, e del quale comunque De André riportò sempre un rapporto umano, raccontando di come i rapitori gli garantirono un trattamento dignitoso. E anche in quell’occasione tornò il Genoa, come un pensiero fisso, raccontando come l’unico vero momento di sconforto lo passò: “quando seppe che il Genoa aveva perso a Terni.” De André dimostrò grande pietà umana nei confronti dei rapitori, tanto da chiedere nel 1991 la grazie per uno dei responsabili, un pastore sardo che venne condannato per i fatti a 25 anni di reclusione. De André ha scritto anche una canzone, “Hotel Supramonte”, dedicata all’esperienza del sequestro.