SOVRANISMI/ Salvini-Orbán, aveva ragione Eliot: tutto finirà in uno sbadiglio generale
Il governo si sta muovendo lungo la linea dell'”andare-via-da” e il sovranismo fa alleanze con i perdenti. Ma ciò non deve stupire perché il caos regna sovrano. RAFFAELE IANNUZZI

Nella sfera dei comportamenti individuali, come in quella afferente ai comportamenti pubblici da parte degli attori istituzionali, vigono due regole essenziali: o si procede per andare via da qualcosa (un problema, un vicolo cieco, una grana insomma) o per andare verso qualcosa (un obiettivo, uno scopo, un orizzonte ben delineato). Il governo Conte sta muovendosi secondo la linea dell'”andare-via-da” e ciò non deve stupire: il caos regna sovrano.
Domandiamoci: perché, dopo la vicenda della Diciotti e le prime mosse del ministro Salvini, quest’ultimo inizia un giro di consultazioni, definite “politiche”, con il premier ungherese Viktor Orbán?
Tra parentesi, prima di tentare una risposta: l’incontro del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, con il primo ministro della Repubblica ceca, Andrej Babis, ha prodotto un fallimento molto interessante, dal punto di vista dell’analisi. Un fallimento che conferma la totale incapacità politica, strategica e culturale di questo governo. Infatti, mentre da un lato il ministro dell’Interno Salvini faceva effusioni politiche a dir poco ostentate con un “sovranista” che ha lo stesso peso della formula in questione, ossia zero, dall’altro il presidente Conte si è arrampicato sugli specchi con un interlocutore che solidarizza con l’Italia sui migranti, sì, ma non molla di un millimetro. Ergo, se la politica “sovranista” afferisce pesantemente al cosiddetto “Gruppo di Visegrad”, allora, delle due l’una: o il governo è alla canna del gas o il “sovranismo” funziona, ma sempre con i soldi della Ue. Il premier Babis vuole fermarsi a fare un prelievo al bancomat europeo, mentre l’Italia mostra i muscoli davanti allo specchio.
Il narcisismo “sovranista” è il sintomo della fine storica della politica in Italia. E proprio chi non è mai stato tenero con la Ue, come chi scrive, non può avere dubbi su ciò.
Tornando a Salvini in effusione con Orban, allora qui la questione più seria, al di là dell’evidente incapacità politica non solo del ministro, ma dell’intero governo, è lo spostamento dell’asse geopolitico. Salvini sta tentando di fare, maldestramente, una mossa “para-putiniana”, muovendo dall’asse dell’Europa centrale per ricadere su quello asiatico. L’unico vincente, tutti i numeri e le analisi lo dicono, da anni. Un asse che ha vinto, nonostante la crisi della Cina. Ha vinto perché la vecchia crisi fiscale dello Stato è diventata gigantismo del debito sovrano, pagato dalla Cina, a livello mondiale, con particolare attenzione all’America. Il Far East significa anche Singapore, Vietnam, Hong Kong e assi economici limitrofi, spazi apparentemente periferici ma di assoluta centralità economico-finanziaria. Ritornare a studiare l’economia per aree macro-regionali mondiali, modello Perroux, potrebbe essere una buona idea. Naturalmente questa è una cosa che sconsiglio agli economisti di professione, cadrebbero troppe provvigioni consulenziali.
Il debito, contrariamente a quanto dicono gli economisti, è una categoria innanzitutto politica. Dalla nascita dello Stato moderno in poi è così. Non a caso, una volta l’economia era definita attraverso un aggettivo qualificativo: “politica”. Esisteva l'”economia politica”. Oggi esiste la ragioneria finanziaria e questo fa il gioco della Ue, che ha vibrato il fendente finale alla politica. Mentre tutto ciò è in atto, il narcisismo politico inventa il “sovranismo” e fa alleanze con i perdenti. Niente male per recuperare terreno.
La questione, se non fosse preoccupante, sarebbe soltanto imbarazzante e comica. Ma è, invece, preoccupante. Con il botto finale: Macron, per superare la fine della sua popolarità casalinga, ha lanciato la “sfida all’OK Corral” al “sovranismo”, ossia al niente. Ma non c’era da stupirsi: i simili sono destinati a incontrarsi, anche opponendosi fra di loro.
Una noia mortale, con tanto di verifica della grande verità vergata su carta da Eliot, molti decenni fa, in un’età tanto terribile quanto satura di genio: tutto finirà (nonostante la preoccupazione) in uno sbadiglio generale.
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