AFFIDO CONDIVISO/ E ddl Pillon: perché il mediatore familiare non c’è?
Per la prima volta il ddl Pillon parla di mediazione familiare, ma sul punto appare confuso e migliorabile, scrive la mediatrice professionale LUCIA DI PALERMO

Caro direttore,
mi chiamo Lucia Di Palermo e sono una mediatrice. Ho fatto della mediazione la mia professione e ci credo così tanto da aver aperto un organismo di mediazione.
Sono mediatrice familiare, civile e commerciale. Perché le faccio questa distinzione? Oggi grazie al disegno di legge Pillon la mediazione familiare è venuta alla ribalta suscitando grande confusione riguardo la professione e i suoi ambiti di intervento.
Per la prima volta un ddl parla di mediazione familiare, già un’altra legge si era occupata invece della mediazione civile e commerciale (decreto 28/2010), istituzionalizzandola per alcune materie e rendendola obbligatoria. Oggi questa legge vorrebbe fare lo stesso con la mediazione familiare.
Pochi però parlano del mediatore: il decreto 28/2010 indica con precisione cosa deve fare ma non chi debba essere dal punto di vista umano.
Nel mio lavoro di mediatrice, tutti i giorni lavoro in sede extragiudiziale e accolgo in modo incondizionato chiunque si rivolga a me; attraverso l’ascolto attivo cerco di affiancare le persone aiutandole a trovare la soluzione migliore; rimango sempre “equiprossima” per tutte le persone in causa all’interno del conflitto (sto a fianco ad entrambi senza mai parteggiare per nessuno ma perseguendo il loro interesse reciproco); non tocca a me giudicare, moralizzare, oppure dire cosa fare. Come vede i termini di cui sopra sono termini nuovi, che molto spesso vengono poco usati nel nostro linguaggio, ma che ogni buon mediatore familiare conosce ed applica ad ogni incontro, al di là poi dei vari approcci.
Da quanto sopra noterà inoltre la differenza tra ciò che un mediatore fa o è rispetto alle altre professioni (psicologo, avvocato, ecc).
Perché, mi creda, è vero che quando si è all’interno del conflitto spesso si sa bene cosa non si vuole, ma accade che in mediazione si arrivi cercando di tutelare un interesse che spesso si sente leso e si abbandoni la percezione di capire cosa in effetti sia il proprio bisogno. Ogni mediatore conosce benissimo la differenza tra pretesa, interesse, bisogno e aiuta tutte le parti in causa a riconoscerli e ad affermarli all’interno del conflitto. Ogni mediatore sa che un conflitto se vissuto bene può essere un’opportunità di crescita all’interno della relazione per tutte le parti in causa.
Difficile tutto questo? Certamente sì, se non si è dei professionisti. Come lo si diventa? Attraverso corsi ben fatti, attraverso lunghissime e numerosissime ore di tirocinio e supervisione, attraverso percorsi di consapevolezza (perché come diceva qualcuno che si è occupato di psicoanalisi, “non puoi portare nessuno in un mondo dove non sei mai stato”), attraverso la congruenza che impari mettendoti in gioco. Come vede, non è un percorso semplice ma soprattutto non è un percorso assimilabile ad altre professioni.
Sicuramente questa legge è ancora confusa sul ruolo del mediatore familiare, ma le nostre associazioni di categoria stanno partecipando attivamente al miglioramento del testo. Non entro nel merito della polemica, di ciò che è giusto o sbagliato, se questa legge debba essere fatta, so però che la multidisciplinarietà all’interno di un conflitto spesso può aiutare chi vive il conflitto stesso. Mi obietterà che aumenterà il costo, visto che si coinvolgono più professionisti, ma mi permetta di porle una domanda: annose questioni portate davanti al Giudice per alta conflittualità che prezzo/costo hanno ed hanno avuto negli anni? E questo prezzo chi lo ha dovuto pagare? Evidentemente i tempi sono maturi per vivere il conflitto in modo diverso da come è stato vissuto fino ad oggi.
Ricordo, inoltre, che la mediazione familiare è già obbligatoria e attiva in molte nazioni europee ritenute giuridicamente “avanzate”.
Sicuramente la distinzione tra mediatore familiare, civile e commerciale dovrà essere mantenuta, per vari motivi, uno fra tutti la formazione prevista per le due figure, ma questo riguarda il testo di legge e la sua operatività. Sono sicura che con la collaborazione di tutte le parti in causa non si porterà “acqua a nessun mulino” ma si perseguirà l’interesse reale di tutti.
Per fare ulteriore chiarezza su questo tema abbiamo organizzato un convegno gratuito, il giorno 11 ottobre, presso il Palazzo della Regione Lombardia in Via Fabio Filzi 22, a Milano. Un’intera giornata dedicata alla mediazione che darà voce a tutte le parti in causa: giudici, avvocati, mediatori, psicologi, notai ed esperti del settore, uniti da un comune obiettivo: diffondere una corretta cultura della mediazione.
Lucia Di Palermo
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