Per la procura di Lodi, il giallo dietro la morte di Josephine Odijie e del quale si parlò a lungo all’inizio della scorsa estate, può dirsi ormai risolto. La donna nigeriana, aspirante operatrice sanitaria, non sarebbe stata uccisa. Il suo corpo fu rinvenuto cadavere in piscina la mattina del 3 giugno 2018 in località Reghinera ma per i pm non si trattò di omicidio. La donna, infatti, sarebbe annegata dopo essere scivolata per aver bevuto troppo alcol. E’ questa la conclusione del procuratore Domenico Chiaro al termine di otto mesi dedicati alle indagini e con la quale è stato chiesto di archiviare il caso. Una decisione più che motivata ed in merito alla quale il magistrato ha asserito, come riferisce il quotidiano Corriere.it: “Abbiamo fatto indagini estremamente accurate ma non sono emersi elementi tali da confutare l’ipotesi che la donna, probabilmente dopo aver bevuto, sia caduta in piscina da sola e annegata”. La giovane nigeriana, dunque, non avrebbe avuto nemici al punto tale da essere stata uccisa ma si sarebbe trattato di un tragico incidente.
JOSEPHINE ODIJIE, LA SUA MORTE: CASO VERSO ARCHIVIAZIONE
Aveva 35 anni Josephine Odijie, aspirante operatrice sanitaria di Lodi e la sua morte aveva prontamente spostato i sospetti sull’anziano compagno 78enne, un facoltoso proprietario agricolo di Castelgerundo. Al momento della sua morte, però, il compagno non era in casa in quanto si era recato in Toscana per una breve vacanza in yacht con un amico. Lei, invece, era rimasta a Lodi per preparare l’esame che avrebbe dovuto sostenere. A trovarla senza vita, in piscina e completamente nuda, era stata una vicina di casa che ogni tanto andava a fare le pulizie nella villa del compagno. Oltre ai sospetti sull’anziano, subito spazzati via grazie all’alibi di ferro, si era prontamente percorsa la pista del tragico incidente anche se per diverse settimane la morte della donna aveva rappresentato un mistero. Ad alimentare il giallo, le convinzioni di alcune sua amiche secondo le quali qualcuno avrebbe voluto ucciderla e alcuni aspetti mai chiariti come il sospetto disordine in casa, le abrasioni riportate su braccia e gomiti e l’impossibilità per mesi ad accedere al suo smartphone per via della complessa decrittazione. L’autopsia confermò l’eccessiva assunzione di alcol da parte della nigeriana ma nessun elemento che potesse confermare la tesi della colluttazione. Ora la procura ha chiesto di chiudere il caso.