L’omicidio di Alberto Musy, Consigliere comunale Udc di Torino, avvocato e docente universitario sarà al centro della nuova puntata di “Commissari – sulle tracce del male”, la trasmissione condotta da Pino Rinaldi nella terza serata di oggi, sabato 2 febbraio, su Raitre. L’appuntamento dal titolo “L’uomo con il casco” – in riferimento all’assassino di Musy – sarà arricchito dal commento del “Commissario” Luigi Silipo grazie al quale saranno ripercorse tutte le tappe delle complesse indagini che andarono avanti incessanti, in attesa di poter dare un volto allo spietato killer, mentre la vittima continuava a lottare tra la vita e la morte. Tutto prende il via alle 8:00 di mattina del 21 marzo 2012: Alberto Musy sta rincasando dopo aver accompagnato a scuola due sue figlie. Poco prima del suo rientro, le telecamere di videosorveglianza della zona, in pieno centro a Torino, immortalano un uomo con casco integrale mentre suona al videocitofono della palazzina dove abita Musy con la scusa di dover effettuare una consegna. In realtà, il misterioso uomo si apposta e resta in attesa dell’avvocato. Pochi minuti dopo, Musy entra nell’androne del suo palazzo e viene raggiunto all’improvviso da diversi colpi di pistola. Ad esploderli proprio l’uomo con il casco integrale che gli scarica addosso un revolver prima di darsi alla fuga. L’avvocato Musy rimase gravemente ferito dopo essere stato raggiunto da ben cinque colpi, uno dei quali alla testa, rivelatosi poi mortale. Il Consigliere, che nel 2011 si era candidato alla carica di Sindaco di Torino, morì in ospedale 19 mesi dopo quell’agguato durante i quali era sempre rimasto in uno stato di coma. In quei mesi, tuttavia, le indagini non si fermarono mai, intente a fare luce sull’identità dello spietato assassino.
OMICIDIO ALBERTO MUSY: SOSPETTI SU FRANCESCO FURCHÌ
A seguire sin dai primi istanti il caso dell’avvocato Alberto Musy fu Luigi Silipo, capo della mobile, presente sul luogo dell’agguato subito dopo gli spari. Le indagini iniziali non furono affatto semplici. Furono seguite varie piste senza tralasciare le indagini sia sulla vita privata che professionale dell’uomo. Come rammenta La Stampa, fu analizzato il traffico telefonico passato dalle celle del centro di Torino e che rappresentò un lavoro spaventoso. Sotto la lente di ingrandimento anche numerose intercettazioni legate a persone che ruotavano attorno alla vita professionale dell’avvocato. All’improvviso la tanto attesa svolta, giunta solo nell’autunno 2012, quando un politico rompe il cerchio di omertà facendo il nome di Francesco Furchì. E’ un uomo di 50 anni, originario della Calabria ma emigrato a Torino alla fine degli Anni ’80. Fondatore dell’associazione Magna Grecia, la sua unica fonte di reddito, sta affrontando una forte crisi e solo l’avvocato Musy avrebbe potuto salvarlo dalla rovina. Fu un docente universitario, all’inizio del 2011, a presentarli e sin da subito Furchì inizia a tempestarlo di richieste senza mai ottenere nulla. Gli avrebbe chiesto un aiuto per l’esame di diritto privato della figlia, un appoggio per far vincere un concorso a Palermo al figlio dell’ex ministro Andò, una collocazione di rilievo nelle liste dell’Udc. Secondo i pm, proprio in seguito ai tanti “no” Furchì iniziò ad accumulare odio nei confronti di Musy. Secondo le accuse, Furchì mise in piedi un vero e proprio progetto di vendetta nonostante lo stesso tentò persino di costruirsi un alibi per il giorno dell’agguato continuando a proclamarsi innocente. Ad incastrarlo però, sarà la sua andatura claudicante, la stessa immortalata dalle telecamere cittadine e riconoscibile nell’uomo con il casco integrale.
FRANCESCO FURCHÌ: I PROCESSI
Il processo in corte d’Assise per l’omicidio di Alberto Musy si concluse nel 2015 con la condanna all’ergastolo a carico di Francesco Furchì, poi ribadita in Appello nel novembre dello stesso anno. Il primo febbraio 2018 si è espressa anche la Corte di Cassazione che ha confermato la condanna definitiva del carcere a vita per l’imputato. Le motivazioni della condanna all’ergastolo da parte della Suprema Corte sono state rese note solo nel settembre dello scorso anno: “Francesco Furchì uccise il consigliere comunale Alberto Musy in un giorno simbolico. Perché il 21 marzo 2012 l’ex presidente dell’associazione Magna Grecia Millennium doveva sgomberare gli uffici della Fondazione in via Garibaldi 15, a Torino, per impossibilità di pagare i canoni di locazione. Un evento che poteva riunire in sé i singoli motivi di rancore e frustrazione”, si legge, ribadendo i sospetti iniziali dell’accusa. Furchì, in sintesi, attribuì all’avvocato i fallimenti dei suoi tentativi di inserirsi nel mondo politico ed imprenditoriale torinese. L’uomo è stato condannato con l’accusa di omicidio premeditato e aggravato dai futili motivi e nel corso dei processi non emersero prove della presenza di un complice nel delitto, come invece ipotizzato dalla difesa di Musy.