Un giorno, guardando quelle foto, potrà dire di aver conosciuto suo padre. Soprattutto avrà qualche immagine insieme a lui. Perché Ariya con suo papà ci ha potuto passare solo tre ore. Una storia dolorosa, una storia che mostra come i legami familiari stretti a volte siano più forti della morte, anche se per pochissimo tempo, ma poi che importanza ha il tempo? Vale di più una lunga vita nel disinteresse reciproco, come accade nella maggior parte delle famiglie, o poche ore nell’amore più totale, anticipazione di quello infinito che ci aspetta un giorno? Segni, piccoli segni. Ma di valore infinito, come se una mano più grande guidi il destino, la sofferenza, le gioie al di là dei nostri preconcetti ideali fatti di banalità. Succede in Inghilterra. Brett Kinloch è un marito malato di tumore al cervello, gli resta poco da vivere. La moglie Nicole è incinta al nono mese, i tempi della gravidanza stanno per scadere. La coppia ha già due figli. Brett non riesce a portare la moglie all’ospedale, sta troppo male, così lei si reca a partorire da sola.
PADRE PER TRE ORE
Nel frattempo Brett viene ricoverato, ma in un altro ospedale a unta trentina di chilometri dalla moglie. Il parto si svolge velocemente, e Nicole, che ha capito che il marito potrebbe morire da un momento all’altro, si fa dare un permesso speciale e nel giro di un’ora soltanto dal parto, è sulla sua macchina con la figlia neonata diretta all’ospedale del marito. Arriva, è ancora vivo, può mettergli la bambina tra le braccia. Tre ore soltanto, poi Brett cede e muore. La malattia cominciata quattro anni prima, lo ha sconfitto. Restano quelle foto, quelle immagini su un cellulare. “Non c’è dubbio” dice Nicole “Brett ci ha aspettato. “Gliel’ho messa vicina al volto, gli ho preso la mano e l’ho fatta passare tra i suoi capelli”. E’ stato padre, è riuscito a essere padre anche per così poco.