Una maxi inchiesta con 2300 indagati e lunghe indagini andate avanti per mesi: siamo a Genova, in un ospedale tra i più importanti della città, il San Martino. La Procura ha indagato per l’appunto più di duemila persone tra medici, dirigenti, dipendenti di laboratorio analisi e molti altri ancora: la motivazione è incredibile anche se purtroppo già vista troppe volte nelle sanità di molti Regioni, si tratta infatti analisi ed esami fatti ad amici e parenti senza far pagare il ticket e le prestazioni consuete da regolamento nazionale e regionale. Stando a quanto ricostruito dai Nas di Genova, tra il 2015 e il 2016 almeno 600 dipendenti avrebbero evitato a conoscenti, parenti, amici di vecchia data e quant’altro (anche a loro stessi) di pagare il contributo per analisi, esami del sangue e prestazioni di vario tipo. Truffa ai danni dello Stato, accesso abusivo al sistema informatico e altri reati minori sempre nell’esercizio di professione pubblica: queste le accuse ai più di 2300 “implicati” nel maxi giro di truffa all’interno dell’ospedale San Martino.
ASSESSORE SANITÀ, “SONO INDIGNATA”
Ci sarebbero addirittura anche alcune suore tra chi avrebbe “beneficiato” degli esami gratuiti all’interno della struttura di Genova: i pazienti avrebbero evitato anche di pagare importi minimi, come ad esempio ticket non pagati per 6, 15 o 36 euro. Il meccanismo dei “furbetti degli esami del sangue” era assai semplice: «per evitare code e ticket si faceva risultare il paziente ricoverato: il dipendente accedeva al sistema dell’ospedale e immetteva i dati della persona», riporta Il Secolo XIX. Intanto dopo l’emergere nella maxi inchiesta, i colleghi dei Genova hanno chiesto all’assessore della Sanità Sonia Viale un primo commento all’indegna “figura” (se tutto dovesse essere confermato, ndr) fatta dall’ospedale genovese: «Ho chiesto alla direzione dell’ospedale di farmi avere una relazione dettagliata dell’accaduto per valutare subito eventuali provvedimenti disciplinari la cosa più grave è che si parla di un sistema lesivo della sanità pubblica che è un valore prezioso per tutti: si avvantaggiava chi avrebbe potuto pagare senza problemi, a discapito di chi è in situazioni di basso reddito e ha già diritto alla gratuità degli esami», spiega sempre al Secolo XIX.