TERREMOTO/ Pasqua, 10 anni dopo: la resurrezione non è una fiction

- Fabio Capolla

Dieci anni fa, a Pasqua, l’Aquila era semidistrutta. Ma la Resurrezione cambia anche ciò che di più caro abbiamo perduto

terremoto aquila ricostruzione 1 lapresse1280 640x300 L'Aquila oggi (LaPresse)

È Pasqua. Una Pasqua che da 10 anni a questa parte porta in sé il dolore del terremoto, la mancanza di chi non è più accanto. Ogni anno si ribadisce la voglia, il desiderio, la necessità di dover ripartire, di dover cominciare anzi ricominciare. Ma quest’anno un segnale forte arriva dal messaggio dell’arcivescovo dell’Aquila, il cardinale Giuseppe Petrocchi.

Non era a L’Aquila il 6 aprile del 2009, dieci anni fa ha sentito e visto da lontano tutto quello che era successo. Oggi lui non vuole parlare di ricordo, ma di memoria. Una differenza sostanziale, che può cambiare l’atteggiamento e lo sguardo di ogni aquilano.

“Talvolta Dio scrive una storia, che non è quella che noi avremmo voluto leggere, ma sapendolo Padre, occorre chiedersi: quale è il dono che ha ‘nascosto’ nell’evento doloroso? Non dobbiamo ‘inventare’ il significato, ma scoprirlo dentro gli avvenimenti. Il seme della risurrezione c’è già, in ogni situazione. Non sta a noi, dunque, piantarlo, ma riconoscerlo e farlo germinare”.
Il cardinale Petrocchi ricorda poi che “ricorre, in questo periodo, il decimo anniversario del sisma. È tempo non solo del ricordo, ma della memoria” che “è custodia di ciò che è già avvenuto, ma che resta presente: implica, pertanto, un’attiva ‘contemporaneità’”. “Le vittime del terremoto – assicura Petrocchi – abitano stabilmente nella nostra memoria: non sono dunque persone ‘scomparse’ e i loro volti non sono destinati a dissolversi con il passare degli anni. Non ci hanno ‘lasciato’, ma restano con noi: come preziosi compagni di viaggio. Tra loro e noi si conserva, più forte della morte, il vincolo della reciproca preghiera e della comunione, che essendo vissuta in Dio, è eterna. Ogni atto di amore, infatti, se vissuto nel Signore, è timbrato indelebilmente dal ‘per sempre’!”.

Parole che rafforzano l’ottimismo di chi deve vivere il quotidiano. Parole che offrono una nuova speranza, che mettono in evidenza l’importanza di un volto. Non scompare il volto di chi non c’è più e appare ogni giorno il volto di chi ci offre uno sguardo. Serve poco arrabbiarsi per una fiction televisiva che descrive la città distrutta dell’Aquila e gli aquilani senza casa come in realtà non sono. È la comunità che trasmette la realtà, una realtà che oggi tutti vivono nella festa di ritrovarsi, stare insieme. Amici, parenti, genitori e figli che scoprono che L’Aquila è rinata e rinasce ancora ogni giorno dalla capacità di saper vivere le parole del cardinale Petrocchi.

Purtroppo quello che accade in città spesso non arriva con realismo fuori dall’Abruzzo. Lo stesso Guido Bertolaso, ex capo della Protezione civile subito dopo il sisma, premiato la scorsa settimana nel corso della seduta di consiglio regionale in Abruzzo per l’impegno profuso, ha messo in evidenza che i successivi terremoti e i metodi di intervento hanno manifestato la bontà di tutto quello che è stato fatto per L’Aquila e per gli aquilani. E questa è memoria.





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