"Storie di un ragazzo di provincia" è l'autobiografia di Guido Crosetto, ragazzone della "provincia granda" diventato ministro
Non sempre, leggendo un’autobiografia, il racconto scivola veloce ed appassiona, conservando freschezza e interesse fino all’ultima pagina. È però il caso del “ragazzo di provincia” Guido Crosetto, che si racconta senza perdere una battuta.
Un libro, Storie di un ragazzo di provincia (Piemme, 2025) che – si capisce – è rimasto nel cassetto per qualche anno, dando così poco spazio al Crosetto ministro, ma mettendo in luce soprattutto gli anni della sua crescita nel movimento giovanile della DC, poi da sindaco e amministratore di provincia con il debutto nella politica attiva. Colpisce, così, anche la gratitudine per le amicizie importanti che ne hanno tracciato la lunga avventura imprenditoriale prima ancora che politica.
Guido Crosetto, leader giovanile democristiano “anche perché gli altri a Cuneo praticamente non c’erano”, ma imparando a interpretare bene e seriamente anche quel senso della politica vera della prima repubblica, che era fatta anche di approfondimenti culturali, conferenze, esperienze sul campo a contatto diretto con la gente. Un’esperienza cresciuta partendo dal diventare giovanissimo sindaco del suo paese in provincia di Cuneo, Marene, poche migliaia di anime, dove i Crosetto più che una famiglia erano già un’istituzione.
Ecco allora l’ufficio nella fabbrica di macchine agricole del padre, dove alle spalle della scrivania capeggiava il famoso passo di Einaudi sugli imprenditori che vogliono il meglio per la propria azienda prima ancora che pensare al guadagno, un “mondo piccolo” fatto di lavoro, di passione, di impegno personale e diretto, in un’azienda dove tutti danno il loro contributo.
Il ragazzone Crosetto che mette la testa a posto dopo pochi mesi di università, che scopre amicizie del mondo torinese che conta – da Edoardo Agnelli a Romiti – e che da un giorno all’altro diventa sindaco proprio durante il servizio militare, che comincia in caserma e finisce in municipio.
Poi il salto di qualità concorrendo alla presidenza della provincia di Cuneo, l’insuccesso scontato visto le forze in campo, ma con Berlusconi e Scajola che intuiscono le capacità del giovane amministratore di buon senso e con le mani pulite.
Ma questo sarà già un secondo tempo: prima c’è da superare la crisi successiva all’improvvisa morte del padre, il comprendere di rappresentare un’istituzione – essere sindaco, appunto – scoprendo con stupore che i vecchi del paese, quando lo incontrano, pur conoscendolo da sempre, adesso si tolgono il cappello.
Sullo sfondo la provincia piemontese profonda, dove si deve parlare dialetto o non ci si capisce, affrontando i problemi quotidiani stando a diretto contatto con tutti.
Arriverà poi il salto in Parlamento, ma conservando sempre la propria indipendenza di pensiero, un innato buonsenso concreto, tanto da rifiutare spesso le imposizioni di partito. Un lavoro da parlamentare che per Crosetto è prima di tutto studio, approfondimento, scoperta del potere vero della politica, che – pur cambiando i governi – è sempre in mano ai burocrati, a quel grigio sottobosco di chi conosce bene il processo parlamentare e senza i quali si è spettatori, ma non protagonisti del lavoro in aula e nelle commissioni.
Verranno poi la crisi di Berlusconi e del centrodestra, la ripartenza fondando Fratelli d’Italia, quando era un totale salto nel buio, la crescita con la Meloni di un’amicizia e stima reciproca e profonda.
Ma questo è il Guido Crosetto che tutti possono conoscere leggendo le sue note biografiche; il bello del libro è invece non solo come è scritto, ma nello scoprire un Crosetto inedito, e che solo chi conosce a fondo l’anima dei piemontesi di campagna può forse intuire.
Tutto scritto in un linguaggio schietto che va a braccetto con la vita vera, che è fatta di buonsenso contadino, di concretezza e non chiacchiere, impegno e non promesse, con scadenze da rispettare e oneri da mantenere.
Per questo è interessante leggere delle perplessità nate già all’inizio su un Berlusconi che intende la politica in modo antitetico a chi era cresciuto nel movimento giovanile della DC, creando Forza Italia “come un prodotto da vetrina ma senza nulla di politico o valoriale”, piuttosto raccogliendo “il meglio dei cervelli anticomunisti che c’era sul mercato” in vista del debutto del 1994, per creare a freddo un prodotto nuovo, ma costruito strategicamente su misura per gli italiani di centro, orfani della DC e legati a valori che non scadono nel tempo.
Un’autobiografia, quella di Crosetto, che ha il sapore dell’onestà intellettuale e senza autogiustificazioni, di un ministro che oggi è sulla cresta dell’onda, ma che negli anni ha affrontato e superato problemi personali prima ancora che politici, e quindi è vaccinato anche per i momenti più difficili che fatalmente attraversano ogni vita.
Un bel libro, insomma, che chiama al senso di responsabilità, aspetto che è un po’ il leitmotiv della personalità di Crosetto che, da buon ex ragazzone di provincia, ne soffre un po’ il complesso perché è abituato a mettersi sempre in discussione, ma che al tempo stesso è contento di farlo.
Non sempre, leggendo un’autobiografia, il racconto scivola veloce ed appassiona, conservando freschezza e interesse fino all’ultima pagina. È però il caso del “ragazzo di provincia” Guido Crosetto, che si racconta senza perdere una battuta.
Un libro, Storie di un ragazzo di provincia (Piemme, 2025) che – si capisce – è rimasto nel cassetto per qualche anno, dando così poco spazio al Crosetto ministro, ma mettendo in luce soprattutto gli anni della sua crescita nel movimento giovanile della DC, poi da sindaco e amministratore di provincia con il debutto nella politica attiva. Colpisce, così, anche la gratitudine per le amicizie importanti che ne hanno tracciato la lunga avventura imprenditoriale prima ancora che politica.
Guido Crosetto, leader giovanile democristiano “anche perché gli altri a Cuneo praticamente non c’erano”, ma imparando a interpretare bene e seriamente anche quel senso della politica vera della prima repubblica, che era fatta anche di approfondimenti culturali, conferenze, esperienze sul campo a contatto diretto con la gente. Un’esperienza cresciuta partendo dal diventare giovanissimo sindaco del suo paese in provincia di Cuneo, Marene, poche migliaia di anime, dove i Crosetto più che una famiglia erano già un’istituzione.
Ecco allora l’ufficio nella fabbrica di macchine agricole del padre, dove alle spalle della scrivania capeggiava il famoso passo di Einaudi sugli imprenditori che vogliono il meglio per la propria azienda prima ancora che pensare al guadagno, un “mondo piccolo” fatto di lavoro, di passione, di impegno personale e diretto, in un’azienda dove tutti danno il loro contributo.
Il ragazzone Crosetto che mette la testa a posto dopo pochi mesi di università, che scopre amicizie del mondo torinese che conta – da Edoardo Agnelli a Romiti – e che da un giorno all’altro diventa sindaco proprio durante il servizio militare, che comincia in caserma e finisce in municipio.
Poi il salto di qualità concorrendo alla presidenza della provincia di Cuneo, l’insuccesso scontato visto le forze in campo, ma con Berlusconi e Scajola che intuiscono le capacità del giovane amministratore di buon senso e con le mani pulite.
Ma questo sarà già un secondo tempo: prima c’è da superare la crisi successiva all’improvvisa morte del padre, il comprendere di rappresentare un’istituzione – essere sindaco, appunto – scoprendo con stupore che i vecchi del paese, quando lo incontrano, pur conoscendolo da sempre, adesso si tolgono il cappello.
Sullo sfondo la provincia piemontese profonda, dove si deve parlare dialetto o non ci si capisce, affrontando i problemi quotidiani stando a diretto contatto con tutti.
Arriverà poi il salto in Parlamento, ma conservando sempre la propria indipendenza di pensiero, un innato buonsenso concreto, tanto da rifiutare spesso le imposizioni di partito. Un lavoro da parlamentare che per Crosetto è prima di tutto studio, approfondimento, scoperta del potere vero della politica, che – pur cambiando i governi – è sempre in mano ai burocrati, a quel grigio sottobosco di chi conosce bene il processo parlamentare e senza i quali si è spettatori, ma non protagonisti del lavoro in aula e nelle commissioni.
Verranno poi la crisi di Berlusconi e del centrodestra, la ripartenza fondando Fratelli d’Italia, quando era un totale salto nel buio, la crescita con la Meloni di un’amicizia e stima reciproca e profonda.
Ma questo è il Guido Crosetto che tutti possono conoscere leggendo le sue note biografiche; il bello del libro è invece non solo come è scritto, ma nello scoprire un Crosetto inedito, e che solo chi conosce a fondo l’anima dei piemontesi di campagna può forse intuire.
Tutto scritto in un linguaggio schietto che va a braccetto con la vita vera, che è fatta di buonsenso contadino, di concretezza e non chiacchiere, impegno e non promesse, con scadenze da rispettare e oneri da mantenere.
Per questo è interessante leggere delle perplessità nate già all’inizio su un Berlusconi che intende la politica in modo antitetico a chi era cresciuto nel movimento giovanile della DC, creando Forza Italia “come un prodotto da vetrina ma senza nulla di politico o valoriale”, piuttosto raccogliendo “il meglio dei cervelli anticomunisti che c’era sul mercato” in vista del debutto del 1994, per creare a freddo un prodotto nuovo, ma costruito strategicamente su misura per gli italiani di centro, orfani della DC e legati a valori che non scadono nel tempo.
Un’autobiografia, quella di Crosetto, che ha il sapore dell’onestà intellettuale e senza autogiustificazioni, di un ministro che oggi è sulla cresta dell’onda, ma che negli anni ha affrontato e superato problemi personali prima ancora che politici, e quindi è vaccinato anche per i momenti più difficili che fatalmente attraversano ogni vita.
Un bel libro, insomma, che chiama al senso di responsabilità, aspetto che è un po’ il leitmotiv della personalità di Crosetto che, da buon ex ragazzone di provincia, ne soffre un po’ il complesso perché è abituato a mettersi sempre in discussione, ma che al tempo stesso è contento di farlo.
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