“Riusciremo a salvare la poesia del vivere?” In un Paese – il nostro – in cui i canti di Leopardi sembrano essere stati definitivamente soppiantati dal Grande Fratello, e dove la Commedia dantesca a momenti non viene più studiata neanche al liceo classico, la risposta a questa domanda appare scontata. Ma è proprio da questo interrogativo che prende le mosse l’ultimo libro di Davide Rondoni, che già a partire dal titolo suggerisce una risposta ben diversa: “Il fuoco della poesia. In viaggio nelle questioni di oggi”.
Che attinenza può avere la poesia con i problemi del nostro tempo? Cosa c’entrano gli Ossi di seppia di Montale con le notizie – spesso e volentieri tragiche – di un qualsiasi telegiornale? Per rispondere a tali domande occorre porsi un quesito ancora più importante e originario: che cos’è la poesia? L’autore, fin dalle prime pagine, sgombra il campo da qualsiasi equivoco: la poesia “appartiene a quell’esperienza della lingua in cui si prova a dire ‘quel che non si sa’. Se qualcosa ci colpisce davvero, allora le parole, almeno per un istante, non riescono più a essere ‘solite’”. Un’esperienza che non appartiene ai poeti soltanto, ma è di tutti. “Per fare esperienza della poesia non occorre essere esperti di letteratura: occorre essere vivi, disposti al continuo evento del mondo e del suo segreto.”
Separare la realtà (compresa l’attualità più stringente) dalla poesia, riducendo quest’ultima a un preziosismo linguistico buono per riempire qualche libro, vuol dire non aver capito nulla né dell’una né dell’altra. La poesia, nella sua essenza più profonda, è l’affascinante tentativo di descrivere il reale, esprimendo il contraccolpo che il cuore dell’uomo sente davanti alle circostanze della vita, gioiose o tristi, chiare o incomprensibili. Per questo i versi di Dante o di Mario Luzi giudicano il nostro presente meglio di tanti editorialisti o santoni da prima serata: questo è il “fuoco della poesia” di cui parla Rondoni. E il suo libro, dalla prima all’ultima pagina, dimostra questa verità, documentata dall’esperienza dell’autore e dalle testimonianze di decine di poeti che, pur provenendo da storie personali ed epoche diverse, si sono messi alla ricerca del significato delle cose, spesso senza riuscire a dargli un nome. Una ricerca che il mondo di oggi, imbevuto di un presuntuoso scetticismo, non può capire, ma che rappresenta l’unica strada possibile per essere uomini fino in fondo. E l’unica alternativa al pericoloso nichilismo che, a partire dai “cattivi maestri” citati da Rondoni (con nomi e cognomi), ha convinto molti – specialmente i più giovani – che quel significato semplicemente non esiste, che dunque è inutile cercarlo e, così facendo, ha atrofizzato il cuore pulsante dell’Italia. In un clima di generale “sconfitta” e di declino, il libro di Rondoni è perciò una boccata d’aria fresca per tutti coloro che, a prescindere dalle proprie convinzioni personali, non vogliono rinunciare alla propria umanità.