Giovanni Testori è stato il più prestigioso dei fondatori di questa impresa teatrale di successo,nata nel lontano 1983. Il Teatro degli Incamminati prende il nome da quello dell’Accademia bolognese seicentesca dei pittori Caracci. Gli altri fondatori sono Emanuele Banterle, GianMario Bandera, Antonio Intiglietta, Riccardo Bonacina.
Il teatro è nato sulle orme dei primi gesti teatrali testoriani realizzati con il Teatro dell’Arca di Forlì che videro le rappresentazioni di “Interrogatorio a Maria” e “Factum Est”, replicate centinaia di volte in tutte le chiese della penisola. Testori aveva deciso infatti di ritornare in teatro sul mito di Amleto, riscrivendo in una chiave nuova il “Post Hamlet, e riaffrontare così la figura che più di ogni altra lo aveva da sempre affascinato, come il riferimento più vicino al dramma dell’uomo moderno.
Da allora sono stati tanti gli spettacoli realizzati dagli Incamminati, oltre sessanta i principali. Dopo i primi passi compiuti con il Post Hamlet, Erodiade e una nuova versione teatrale dei “Quattro Quartetti” di Eliot, presentata con grande partecipazione di pubblico nelle aule magne delle università italiane.
La forma assunta è quella della compagnia di giro, secondo una tradizione tipica del nostro sistema teatrale, quindi di un’impresa per sua natura aperta ai rapporti, all’ospitalità da parte dei teatri.
Il teatro degli Incamminati ha fatto della creatività artistica un lavoro da svolgere con dignità, talento e professionalità, senza dimenticare il messaggio esistenziale cristiano che questa compagnia ha sempre portato con sé: la vita può essere vissuta intensamente e in modo più soddisfacente in compagnia di un destino buono
Una scelta coraggiosa quella di misurarsi con la realtà culturale italiana, non certo favoriti dalla moda politica corrente.
Fu poi l’esigenza di entrare a far parte dei cartelloni italiani a far nascere la decisione di affrontare il repertorio dei grandi autori classici, da affiancare ai testi contemporanei , di più difficile circuitazione. Una linea che si costruì in maniera sempre più efficace grazie al coinvolgimento stabile nella compagnia di uno dei più grandi attori del teatro italiano, Franco Branciaroli, che decise di far coincidere la propria attività professionale in teatro con quella degli Incamminati.
Nel 2007 è stata messa in scena la “Vita di Galileo”, l’opera tratta dal lavoro omonimo del grande drammaturgo tedesco Bertold Brecht, realizzata dal Teatro degli Incamminati in coproduzione con il Teatro Stabile di Trieste.
Lo spettacolo ha debuttato, con grande successo, al Teatro Fraschini di Pavia, ed è stato successivamente ospitato al Teatro Argentina di Roma, e poi tra gli altri, al Donizetti di Bergamo, realizzando circa sessanta repliche nel corso della prima tournee.
E’ ritornata poi al Piccolo Teatro di Milano, Teatro Strehler, nella seconda tournee nazionale con oltre 120 repliche nei più prestigiosi teatri italiani.
Lo spettacolo è stato accolto con unanime consenso dalla critica italiana. Franco Branciaroli è il protagonista indiscusso di questa produzione, accompagnato da una validissima schiera di attori.
E’ una lettura del testo, realizzata con la regia di Antonio Calenda, che ha voluto indagare sul dramma di Galileo, combattuto tra le sue scoperte scientifiche, le sue convinzioni filosofiche, e la sua fede cristiana, vissuta con dignità e rispetto, in un’epoca decisiva della storia dell’umanità.
Un’opera messa in scena con sapienza e capacità dialettica da parte de Gli Incamminati, a testimoniare l’eredità intrapresa dalla lezione morale di Giovanni Testori secondo il quale il Teatro chiama continuamente in causa la coscienza umana, scuotendola e ponendole interrogativi ineludibili.
La domanda sulla vita e sul Mistero diventa eloquente e assume i contorni di un’ analisi esistenziale profonda, con quella genialità sull’uomo che solo il Teatro sa esprimere. Quella domanda, affrontata dai grandi poeti nella sua essenza di ricerca del significato, che ogni forma d’arte, e soprattutto il Teatro, fin dal tempo della tragedia greca, riesce ad esprimere. Questo è particolarmente evidente in quelle prime opere del teatro degli Incamminati, come In Exitu, Erodiade, Post Hamlet, con cui Testori ha saputo sfidare il suo tempo.
Il pubblico risponde con grande interesse al lavoro del teatro degli Incamminati, dimostratosi molto attento alla messa in scena dei testi proposti, appassionato ancora ad ascoltare la voce dei grandi poeti, specialmente le opere dei classici greci e del mitico Shakespeare.
Quel pubblico che sembra amare con passione immutata il Teatro, nonostante il passare delle epoche e degli anni. In modo particolare quando gli spettacoli si svolgono negli spazi all’aperto, come al Teatro Romano di Verona, in quei grandi luoghi più facili da trovare in estate, dove il contatto con la gente è più immediato, quasi si trattasse del rito di una antica rappresentazione greca.
In ogni caso la bellezza e la verità del Teatro superano le misure di spazio e luogo consueti: ne è esempio il successo ottenuto da un’opera anticonvenzionale quale “Finale di Partita” di Samuel Beckett rappresentata nelle ultime stagioni in modo originale e fortemente comunicativo dal Teatro degli Incamminati, con la regia e l’interpretazione di Franco Branciaroli, opera che ha rilevato un ‘accoglienza particolarmente significativa .
La tragedia era la preghiera dei greci con la quale si dimostrava tutto il dramma della condizione umana. Anche in Beckett, tuttavia, in pieno novecento, si può cogliere quella dimensione di domanda, vissuta con estremo coraggio e genialità, che rompe i contemporanei schemi del nichilismo.
In questi ventisei anni di lavoro Gli Incamminati hanno dato prova di saper diversificare continuamente il proprio repertorio, tra classici e contemporanei.
Così, dopo i già citati “In Exitu”, “Erodiade”, “Post Hamlet”, si sono susseguiti spettacoli come “Confiteor” di Testori, il “Miguel Manara” di Milosz, “Assassinio nella Cattedrale” di Eliot; ”Antigone “ e “Edipo Re” di Sofloche; “Medea” di Euripide;“Riccardo III”,“RE Lear”,“Otello”,”La Bisbetica domata”, fino a “Cos’è l’Amore”, opera ispirata all’Antigone, riferita ai nostri tempi, nella riscrittura di Franco Branciaroli.
Un percorso di lavoro che ha visto coinvolti moltissimi attori dai più famosi come Mariangela Melato, Umberto Orsini, Luca Zingaretti, Elena Sofia Ricci, Rita Pavone ,Renzo Montagnani ,ad un folto numero di interpreti, cresciuti alla scuola di Franco Branciaroli, con una caratteristica costante: quella di coinvolgere i giovani e di farli appassionare al teatro.
Ed è in questa linea che si colloca il desiderio degli Incamminati di dotarsi di una sede nuova, nella propria città, una sorta di Atelier di lavoro, aperto a tutti, che possa valorizzare e comunicare l’esperienza teatrale maturata in questi anni.
(Franco Vittadini)