Scopo dichiarato dall’autore dell’originale saggio Introspezione medievale. L’analisi dei vizi in Tommaso d’Aquino, è quello di «riprendere coscienza della modalità introspettive» (p. 9) con le quali la tradizione patristica e la teologia medievale scandagliava il mistero dell’animo umano. E l’autore concentra la sua attenzione su di un’importante opera di Tommaso d’Aquino, le Quaestiones Disputatae de Malo. Con grande probabilità queste sono il frutto del secondo periodo di insegnamento di Tommaso a Parigi, in particolare degli anni accademici 1269-1271 (Jean-Pierre Torrell, Amico della verità. Vita e opere di Tommaso d’Aquino, ESD, Bologna 2006, pp. 273 ss.) e trattano in modo approfondito e brillante dei sette vizi capitali.
Nel suo saggio Sangalli rilegge in modo analitico il testo di Tommaso, lo commenta, ne fa emergere le dipendenze dalla grande tradizione patristica, in particolare da Gregorio Magno, e ne mette in luce le novità. Ci soffermiamo solo su alcune di esse.
Tommaso segue contemporaneamente la grande tradizione etica di Aristotele e l’autorità consolidata di Gregorio Magno: per alcuni aspetti fonde queste due grandi tradizioni, mentre per altri si discosta da entrambe. Ciò si nota proprio a proposito del vizio capitale per eccellenza, la superbia, che Tommaso non oppone all’umiltà, ma piuttosto alla magnanimità, che è la virtù che dispone ad avere una giusta considerazione di se stessi e ad amare l’eccellenza della propria persona (pp. 38-39). Inoltre, Sangalli mette in luce che gli aspetti innovatori della visione di Tommaso derivano sostanzialmente dalla sua concezione della persona umana, che è unità vivente di anima intellettuale e corporeità. Proprio in ragione di questa unità l’uomo sperimenta in sé quei moti dell’anima, che la tradizione chiama «passioni» e che oggi alcuni denominano «emozioni». Moti che possono condurre al peccato e al vizio, ma che se rettamente e intelligentemente orientati possono condurre a compiere con energia, con passione appunto, azioni virtuose (p. 94). Si tratta quindi di moti non necessariamente peccaminosi, ma che semplicemente necessitano della guida della ragione umana e della volontà.
Tommaso si rivela molto attento a cogliere i molteplici aspetti del mondo interiore umano ed è un abile maestro spirituale perché sa suggerire come volgere questi moti all’autentica e seria costruzione di se stessi. Tommaso certamente condanna il peccato e i vizi umani, ma ha una grande fiducia nella ragione umana come facoltà capace di respingere le dinamiche viziose e di far progredire l’uomo nel bene e nell’eccellenza virtuosa (p. 98).