Archeologia biblica, nuove conferme sulla storicità dell’Antico Testamento. L’archeologo Emmanuel Anati -come spiega nel libro “La riscoperta del Monte Sinai“, (ed. Messaggero Padova, 2010) – ha identificato il monte Sinai descritto nell’Esodo con lo Har Karkom. Un passo avanti quindi dell’archeologia biblica su un luogo molto importante nella storia dell’Antico Testamento. In ebraico Monte Zafferano, lo Har Karkom è una montagna ricca di santuari e luoghi di culto eretti nei millenni da diverse popolazioni, accanto ad altari, circoli di steli, menhir, sepolture, grandi disegni di pietre riconoscibili solo dal cielo e incisioni rupestri. Il tutto nel cuore del deserto in cui, come racconta la Bibbia, avvenne la fuga dei figli d’Israele dall’Egitto: il Negev.
L’archeologo Anati ha quindi identificato lo Har Karkom con il monte Sinai. Un’ipotesi all’inizio aspramente osteggiata dal mondo accademico, oggi accolta da buona parte degli archeologi e dei biblisti come molto probabile. Una scoperta che, se confermata definitivamente, rivoluzionerà gran parte delle conoscenze ereditate dalla tradizione. Avvenire intervista l’archeologo biblico: «Dopo 30 anni di spedizioni abbiamo rilevato 1.300 siti e milioni di reperti che testimoniano culti religiosi e centinaia di accampamenti di uomini che si fermarono ai piedi di quella montagna. Proprio come racconta la Bibbia. Il luogo fu sacro da quando l’homo sapiens ci mise piede (il più antico santuario rinvenuto dagli archeologi risale a 40mila anni fa), ma tra il 4000 e il 2000 a.C., nell’antica età del Bronzo, c’è una vera esplosione di sacralità: in altre parole, quando il popolo di Israele arriva qui e vi adora il Dio della Bibbia».